lunedì, dicembre 22, 2008

ritorno con un' altra........

(SENZA TITOLO)
Non temere
piccola mia,
sgocciola ancora
sangue dai miei
poveri polsi,
e presto ne
riceverai dell’ altro!
Solo il tempo
di riempire
calici migliori!
E voi altri non
abbiate timore
per i vostri
sorrisi anzi
nascondete le
lacrime inutili
che non dicono
più niente!
Mi dispiace
ma non è
vostra la terra
che mi sporca
le dita.
Le vostre
candele senza
colore non
illumineranno
il buio della mia
morte e non
sarà la tua voce
ad accarezzare
il pianto!
Solo perdona
il fatto di non
potermi toccare,
e non vedendomi
ricorda la
mia presenza
senza alcuna
volontà di dolore.

.....scritta un po' di tempo fa, un paio d' anni, ma a cui tengo tanto. Eccola a voi.

martedì, dicembre 16, 2008

un' idea folle-puntata 5 (Come illudersi di ritornare)

Si lo so mi sono assentato per un po' senza motivo. Ma ora ritorno con la mia idea folle e vi propongo anche un titolo, giudicate voi anche se ho quasi deciso. Ecco il probabile titolo: "Come illudersi di ritornare". Ed ora beccatevi la puntata.

LE COSE CHE SONO DETTE
Ormai il sole è tramontato. D pensa che sia una fortuna che la notte esista anche d' estate. Si ferma davanti la porta di casa, esita qualche secondo prima di entrare. Entra. Cammina lento fino alla cucina. Ci trova il padre e la madre, seduti in silenzio senza nemmeno guardarsi, fermi, come oggetti inanimati. Si stupisce di trovarli lì. Poi pensa che in fondo sono solo le otto e mezza di sera, quindi è normale. Si guarda intorno istintivamente, senza rendersene conto. Non ha proprio niente a che spartire con quella casa. Un pensiero che non riesce ad intristirlo. La casa è vuota, senza parenti ne amici. Una fortuna, pensa. Resta fermo lì sulla porta, immobile, lasciando che il tempo scorra. Non sembrano accorgersi di lui, ne lui presta la minima attenzione a loro. Restano solo fermi, ognuno nella sua posizione, come in una di quelle foto neorealistiche in bianco e nero. E' il padre ad alzare lo sguardo verso di lui. Resta a guardarlo dritto i faccia, come si guarda un estraneo. D non ha nessuna reazione. Poi il padre parla:
"Perché?" quella domanda risuona secca e pesante come un sasso lanciato contro una finestra. La voce non ha alcuna inflessione, nemmeno la formale cortesia fra estranei. Niente di niente. Poi continua: "...perché hai voluto pagare, perché hai voluto dimostrare la tua presenza?"
"Non me ne frega niente di dimostrare niente. Ho pagato perché avevo quei soldi, e perché volevo pagare il funerale di mio fratello."
"I Padri dovrebbero pagare, non i fratelli"
"Francamente non mi pare il momento per una discussione simile. Non si tratta ne di me ne di te, immagino te ne renda conto. Avevo quei soldi, tutto qui. Finiamola qui."
"Il tuo discorso non fa una piega. In fondo sei suo fratello, in fondo hai ragione."
Il padre riabbassa lo sguardo. D resta fermo dove è. Non è sicuro che il suo discorso non faccia una piega, e non è sicuro del perché abbia fatto quello che ha fatto. Ma non ha importanza. Le cose sono come sono, e forse neanche quello ha più importanza. Il padre si alza, resta un attimo a guardare D, poi riprende a parlare:
"Non ti biasimo per la tua presenza qui. Non ti biasimo di niente. Hai fatto quello che dovevi. Solo non cambia niente, e penso che te ne renda conto pure tu. Forse hai ragione se dici che non è il momento, ma vedi probabilmente non ci sarà mai il momento giusto per parlarne, non ci sarà mai niente d cui parlare. Le cose stanno così e ci rimarranno. Non te ne do la colpa, e non me la prendo nemmeno. Solo non cambieranno. Il resto non ha importanza."
Non lo guarda più. Esce dalla cucina verso la stanza da letto, senza mai guardarla. D capisce che probabilmente non si guarderanno più. Lo segue con lo sguardo. Scopre la madre a guardarlo, con la freddezza delle statue. Lei comincia a parlargli:
"Lui non ti biasima, e nemmeno io. Oramai non ho alcun interesse in quello che succede. L' ho convinto io a non fare niente sulla questione dei soldi"
"Ne sono stupito. Forse dovrei pesare che....."
"Non c' è niente da pensare. Io sono solo più pratica. Ci servivano quei soldi, se li avesse cacciati chiunque altro non avrebbe fatto differenza."
"Ne prendo nota."
"Te ne sei andato. Tutto qui, ed ora mio figlio è morto. Penso non ci sia altro."
Lei si alza e fa per andarsene. D parla con il dolore nella voce, rivolgendole lo sguardo in viso:
"Scusa mamma se non sono morto io....scusa!"
"Non fa differenza, non sono così stupida da darti la colpa. Solo che per me non fa differenza. Resta quanto vuoi, fai quello che vuoi. Per me non fa differenza. E non mi sento in colpa per questo"
Se ne va. D sa che sono le ultime parole fra loro, e forse è vero che non fa differenza. Lui se ne è andato, hanno ragione. E' quello che voleva, starsene da solo. Si siede. Guarda la parete di fronte nel silenzio della casa, che non è più la sua. Quando si alza per andare a letto non ha idea di quanto tempo sia passato.

mercoledì, dicembre 03, 2008

un' idea complicata-terza stagione

Un' idea complicata. Come il comprendere il verificarsi o il non verificarsi dell' essenziale, la naturale incompletezza del ricorso degli eventi. Come se i propri punti vincolari non avessero alcuna facoltà, alcuna attinenza alla resistenza. Ad ogni azione è pretesa la reazione che giustifichi una direzione privilegiata degli eventi, un' economia delle energie che comunque non ci è dato comprendere. Ma minimizzare la dissipazione non ci rende adatti alla evoluzione dei sistemi. Ed allora il tempo tramuta in forme ogni sensazione che possa influenzare quel precario equilibrio prossimo al collasso. Persino il reciproco scambio fra le parole e il susseguirsi degli eventi in un disordine regolato da attente regole di selezione non soddisfa lo sforzo dello spiegare, la ricerca delle forme esatte, il compiersi del legame fra il volere e l' agire, la fine che lega l' inizio. I modelli si perdono e possono solo imitare un vecchia idea che alla luce della nuova linea evolutiva risulta quasi ridicola. Tanto da far assomigliare le certezze alle risate, il dispiegarsi dei ragionamenti ai racconti innocui dei passanti. Allora il senso prevarica il fallimento, l' inadeguatezza delle regole pretese adimensionali assume l' aspetto del disegno ed il suo compiersi, che equivale al non compiersi affatto, poiché il fare è equivalente al non fare, la fine al cominciare, il dire al tacere. Un' idea complicata come il catalogare l' inessenziale, il necessario divisorio fra quello che deve e quello che potrebbe non dovere, senza poter sperare di più, solo un probabile margine di errore, senza la sapienza del proprio fallimento se non alla fine. Una diagnostica tendenza all' esaurirsi, un potrebbe che rappresenta tutta la sapienza di cui siamo capaci, una minima speranza che l' errore sia giusto almeno quanto l' esatto. Ammesso che esistere e non esistere abbiano un reale margine di rivelamento, una soglia da poter rappresentare in qualche ragionamento, seppur contorto. Di fronte ad una così comprensibile deriva di un sistema rappresentativo, è necessario affidarsi alla non conoscenza piuttosto, poiché l' assenza risulta quantomeno evidente, e la giustizia assume la dimensione di una propria tolleranza alla variabilità degli avvenimenti. E si è riportati alla relazione d' ordine fra le variabili e lo spazio circostante che si riduce ancora più all' elementare porzione di reale concepibile come slegato dalla volontà. Un' idea complicata, come il voler ammettere di decidere dove stare, come una posizionale regola di diritto all' esistenza. Un' idea complicata, come ammetere che esista una visione di un qualche insieme.

martedì, dicembre 02, 2008

un' idea complicata-seconda stagione

Un' idea complicata. Come la rassegnazione all' evidente inadiempirsi del proprio modello, elegante ma innocuo, come la minimizzazione dell' azione. Una qualunque delle azioni, tanto sono tutte equivalenti. Ed allora il simmetrizzare assume valore nel suo fallimento, tanto che il tempo si pone come maestro e discepolo, e l' equilibrio sembra una fine, il cambiamento una perdita, l' ordine una sconfitta. La processione di tentativi di riferimenti facilmente derivabbili l' uno dall' altro ci pone lontano dalla verità, fino a convincerci che non ci sia alcuna verità. E le nostre idee sono solo una approssimazione del desiderio, del possibile modello, l' auspicabile configurazione stabile secondo parametri che nonostante abbiano continuità con il loro variare, risultato inefficaci nella descrizione del sistema involutivo. Quindi le forme che i ricordi assumono restano postulate senza poter chiudere il sistema. Il che ci riporterebbe a complicatissimi discorsi attorno al senso delle cose. Eppure si può pensare di linearizzare il sistema di cose, togliendosi dal globale, ponendo i propri parametri ad interagire col locale, in un intorno di noi stessi, in cui ci siamo noi. Un' idea complicata come il riscrivere tutto in forme adimensionali, leggi che siano libere dal dove e dal quanto, circoscritte a spazi chiusi e limitati incentrati intorno a noi, al variare continuo nella nostra struttura derivativa. L' unica continuità resta la dipendenza temporale, che circoscritta al nostro intorno resta quasi lineare. Allora le parole nella loro corrispondenza imbarazzante, ci legano al variare dello spazio, come le forme del tempo, una questione logaritmica alla nostra risposta, come l' entrata all' uscita, come il dopo al prima, come il forse al perché. L' indefferenzialismo inattivo dell' accadere ci rende sconfitti e spesso ipocriti, nell' affannoso tentativo di ben porre i problemi nelle proprie strutture. Un' idea complicata, il linearizzare il perché degli eventi, come il succedersi delle variabili nel rappresentativo astratto di noi stessi. La derivazione temporale delle nostre motivazioni sembra assomigliare alle nostre scelte, e persino il loro senso molare ci illude che le soluzioni siano uniche e ben definite. Un' idea complicata come l' inessenziale, ammesso che l' essenziale esista.

mercoledì, novembre 26, 2008

un ' idea complicata

Un' idea complicata. Come voler simmetrizzare qualcosa che non ha alcuna simmetra. Cosa che porterebbe ai complicatissimi ragionamenti intorno la non linearità del reale. Ma a quanto pare il tempo si trasforma in forme, e le forme diventano il tempo che passa. O i ricordi che poi in fondo è uguale. Ed ecco che tutto è ciò che era, mentre ciò che sarà non esiste ancora. Il presente è solo l' illusione di sapere. Ma non si sa mai. Perchè poi il tempo non ha simmetrie, ne linearità, una dipendenza continua questa si, ma mi pare una magra consolazione. O almeno mi pareva, come in effetti non ho più alcuna pretesa di apparenza. In fondo il simmetrizzare non è altro che porre la questione in relazione a paremetri che interaggiscono con lo spazio in modo ordinato, anche se poi l' ordine è solo una convenzione. Elegante alternativa alla speculazione morale, l' ordine, ma privo di valore intrinseco. Un discorso intuitivo, e quindi privo di qualche attinenza con la naturale esistenza delle cose. Ma tutto ha il suo indubbio fascino, finquando qualcuno ci troverà un chiodo e ci si arrampicherà. Ed una volta su sarà chiaro che non esiste affatto un su ed un giu. Un' idea complicata non c' è che dire. Come il voler legare l' esistenza, o la non esistenza, ad una qualche modellizzazione del reale, dell' identità. Almeno concettualmente ha la sua moralità, ed in modo formale la sua ammissione di veridicità. Ma modellizzare è uno scherzo crudele, ingenuo forse, ma sicuramente crudele, voler porre il tutto in uno schema preordinato, un rappresentativo astratto che viola il valore stesso del modello in se, lo priva di libero arbitrio, ponendo la fine legata all' inizio, il punto alla traiettoria, lo pazio al suo piegarsi, il tempo al suo tracorrere. Il senso è il muoversi, il divenire, poichè la perfezione è ferma, ed un modello fermo non serve a nessuno. Come la pefezione non serve al trascorrere delle cose. Così come l' uomo con la sua umanità. E ci si può pensare su, all' umanità. Ma l' uomo non è necessario al' umanità, come le parole non sono necessarie alla verità. Come la voglia alla sua necessità. Come è ovvio che sia. Il permaloso susseguirsi delle parole può intrappolarci in convinzioni imbarazzanti, e la natura umana non sempre riesce a mostrare le sue giuste idee. Come sempre. Decisamente un' idea complicata.

giovedì, novembre 20, 2008

...una su di noi.

(IL TITOLO VERRA FORSE)
Io non sono chi scrive
ma è chi scrive che è me!
Fino al punto che
me ne vergogno.
Per questo miei padroni
non capisco le mie colpe.
E sì che la mia immagine
non è tra le vostre.
Solo chi scrive, che è me,
sa vedere quanto le
inutili parole abbiano
il colore del fango
eppure i vostri nomi gridati
tutto in tempo per cadere.
Io come chi legge, che non è me,
potrei comprare i
vostri ricordi pagando
con frammenti di nobiltà.
E sì che le mie mani
non sono strette nei
taciti accordi delle
persone gia morte.
Chi è me, e scrive,
tornerà a riscuotere
tutte le colpe e le scuse
bruciandole con le
proprie ceneri nel
calore del cielo.

..un attimo di lucidità mentre mi intrattenevo con tutti quelli che ho in testa.

lunedì, novembre 17, 2008

gli alberghi sono navi senza movimento.....

Una stanza comoda, ma muta. Senza ricordi, senza vita. Ordinata, pulita, con un numeretto sulla porta. In qualche posto, vicino all' uscita di qualche tangenziale. Un posto come tanti, con i doppi vetri dei motel, le coperte anonime e le lenzuola fresche che una cameriera sconosciuta ti porta in camera. Dopo un po' cominci a confonderli, tanto sono tuti uguali, con le stesse luci, gli stessi bar, le stesse finestre. In fondo l' entusiasmo è la prima cosa che ti abbandona, il nuovo non esiste. Dura giusto il tempo della sorpresa, quei cinque secondi che le servono a diventare abitudine, poi tutto resta uguale. Si ha più dimestichezza con la fine che con l' inizio. Ed anche quella era una fine. Attendere è sempre come finire. Si alzò andando verso il frigobar. L' unica cosa che distingue gli alberghi costosi dai motel: la roba che ti danno da bere. Ma dopo un po' non fai più caso nemmeno a quello. Una cosa vale l' altra, l' importante è bere, mettersi in corpo qualcosa che ti dia la sensazione di essere da qualche parte, più forte meglio è. In questo forse sono preferibili i motel, per la roba scadente che ti brucia mentre la butti giù. Con il tempo li conosci tutti e li cataloghi per quello che hanno nel frigobar, anche se poi è più il caso a scegliere. Si fermò dinanzi la finestra coi doppi vetri, che rendeva tutte le luci di fuori finte, anche più delle luci che erano dentro. Oramai non riusciva più a credere che fossero vere, non riusciva a credere che per strada le cose accadessero sul serio, una stanza era tutto quello a cui poteva credere, lì poteva accadere qualcosa, anche se poi non accadeva mai niente. Ma la possibilità era gà molto. Era stanco del viaggio che non portava da nessuna parte se non lì, ad spettare che un telefono non suo squillasse per lui, in una stanza qualsiasi, su di una strada qualsiasi. Ora basta. Fuori non avrebbe avuto niente, ma non gli importava, cosa c' era otre il niente? Le case? Le strade? Bevve furioso quello che aveva. Non voleva più sentire di essersi arreso, in quelle lunghe stanze tutte uguali, senza memoria di lui, ne del prima ne del dopo. Voleva un posto da ricordare, un posto che lo ricordasse, dove poteva sentirsi vero standoci, dove le cose fuori dalla finestra sembrassero vere, reali, lì che lo aspettavano, da qualche parte in cui tornare. Tornò a sedersi sul letto e guardo il suo orologio. Attese. Poi il telefono prese a squillare. Al terzo squillo alzò la cornetta. Era Il tempo. Ora poteva scegliere. Sapeva quale sarebbe stata la voce dall' altra parte, calda e lontana, di donna.
"Sei arrivato allora?"
"Si, sono qui" rispose lui.


il titolo è gentilmente offerto da un verso di Paolo Benvegnù

giovedì, novembre 13, 2008

........

(SENZA TITOLO)
Leggimi
come si ascolta
una bella canzone.
Come la danza
che la pioggia
fa nel vento.
Sorprenditi
di trovarmi nuovo
ad ogni parola,
presente per
metà e per
metà che ascolta.
Leggimi
come le anime
leggono nell'aria,
come la fine di
una favola.
Leggimi come vuoi,
come l'ultimo o
come il primo;
e mentre leggi
scrivimi.

Su tutto ciò che sono e che potrei essere.

sabato, novembre 08, 2008

una....

AL SUONO DELLE PAROLE COME LA MIA VOCE (titolo)
Ho pensato di poter
Imparare il suono delle parole
Ma non ho capito.
Il suono del nulla,
Della bellezza come
Le parole che ne parlano,
Come se fossero gesti.
Ho atteso che il
Tempo giungesse a
Portarmi consiglio.
Eppure sono qui,
Come la notte che
Sembra non fare rumore,
Ma piuttosto canta.
Mi sono chiesto dove
Fossero le giuste parole
E dove quelle belle.
E di notte le perdo
Sempre un po’ tutte,
E non so più dire
Il dolore che mi sorprende.
E non ne so dire il suono.
Allora ho provato a
Chiedermi dove fosse
La ragione che mi spieghi
Il rumore del mio
Animo che pensa,
E mi mancavano
I gesti ed i racconti,
Le parole e le bugie.
E potevo solo sentire
La nota del tempo.
Ma sapevo dove ero
E non sapevo dirlo.
Mi sono chiesto che
Suono avesse il silenzio
E come raccontarlo,
E l’ ho trovato bello
Quieto e caldo come
La voce di una donna.
E mi sono perso.
Mi sono chiesto se
È vero che chi non
Dorme vive più in fretta,
Ed il suono di una
Risata ha saputo rispondermi,
Così bella da farmi
Chiudere gli occhi.
Mi sono chiesto come
Fosse il suono della
Bellezza e mi è sembrato
Come quello di un nome,
E come fosse quello del nulla
E l’ ho trovato sincero.
Talvolta mi volto per
Riuscire a risentire il passato,
Per ricordare come suonava,
E lo trovo come la voce
Di un vecchio amico che
Saluti da lontano mentre parte.
Ed allora mi fermo
Illuso di aver trovato
Le parole migliori,
Che suonano come la mia voce.

.....recentissima. Sulla notte, la grazia, il silenzio, il tempo e l' amore, me stesso, le cose, l' opera ed il suo raggiungimento, l' impresa, i ricordi, la resa e la verità.

mercoledì, novembre 05, 2008

"forse è l' aria intorno"

Era strano. Lui la guardava, ma lei sembrava non accorgersene. Fumava con calma, come ad aspettare qualcosa, e lui tentava di immaginare quel qualcosa che lei aspettava. Come era stato inutile tutto quel tempo. Ma ora si trovavano lì. Erano soli in quel posto, un posto qualunque, un posto senza un particolare passato, senza un particolare futuro. Solo un posto. Senza tristezza, senza speranza, ma in fondo perché averne, l' immaginazione era un bene troppo prezioso per sprecarlo in quel momento, lo sapeva lui e lo sapeva pure lei. In fondo avevano sempre tenuto le cose in chiaro, era stato il loro peggior errore. Ma le cose sono come sono, ed in fondo non c' è una giustizia, c' è solo quello che accade e quello che non accade. Avevano sempre creduto così e non avevano ragioni per cambiare idea. Forse non c' era niente da cambiare. Lui era un po' agitato, l' aria affranta, lei era calmissima, le donne certe cose le vivono meglio, hanno un senso di giustizia che le fa sembrare tutto dovuto. O almeno lei era così, ed in quel momento contava solo quello. Si guardarono negli occhi, fu lui a parlare tentando di impostare la voce, di renderla più vera possibile:
"Allora, dimmi: che te ne fai?"
"Cosa vuoi che me ne faccia? Lo sai no, mi pare che la situazione fosse chiara"
La calma di lei fu quasi offensiva, come un gesto improvviso, immotivato. Lui sperava in qualcosa di diverso, si illudeva. Provava qualcosa di molto vicino alla vergogna, ma riusciva a controllarlo, a nasconderlo. Fece due passi sul lato prima di riprendere a parlare.
"A volte mi viene il dubbio che io sappia davvero o no. Poi con te le cose non sono mai sufficientemente chiare"
"Che scortese che sei! Il fatto è che ti devi sempre dare una spiegazione, un motivo, un' utilità. Io no grazie al cielo. Ecco perché tu sei lì ed io sono qui"
"Pensavo fossimo nello stesso posto"
"Non si è mai nello stesso posto, non ti ho insegnato niente in tutto questo tempo?"
La sua voce gli sembrava esageratamente musicale per quelle parole. Una voce bassa, più netta sarebbe stata più adatta a dire quello che stava dicendo lei. Pensò che la sua sarebbe stata più adatta. Era troppo persino per lui ammettere che lei avesse ragione. Decise che qualsiasi cosa fosse successa non avrebbe mai ammesso quel dato di fatto. In fondo non aveva niente da perdere ne da guadagnare. Si sentì visibilmente più sollevato da quella constatazione. Lei se ne accorse.
"Magari non volevo imparare. Sei troppo abituata a pensarti necessaria, a volte non lo sei." Il tono di lui aveva perso quell' impostazione forzata ma si era fermata, ora sicura, rassegnata e quindi fiera. Lei si stupì del cambiamento e perse il controllo, solo per qualche secondo, ma era già tanto. Lei spense la sigaretta si fermò a guardarlo. Era diverso, lontano, aveva perso delle cose ma ne aveva trovate altre, e nemmeno lei sapeva dire se era meglio o peggio. Fu sul punto di sentirsi in colpa ma scacciò subito quel pensiero. Anche lei aveva perso qualcosa e trovato qualcos' altro. In genere le cose vanno così, non ne vale la pena farci un dramma.
"Si forse non hai voluto imparare. Non recrimino niente, e lo sai. Abbiamo fatto quello che dovevamo, o forse solo quello che potevamo, ma non cambia niente. Le cose sono come sono, io e te siamo come siamo. Spero almeno che tu sappia che non ho mai finto, non mi sono mai nascosta, mi hai sempre trovata per quella che sono. Non penso sia poco."
Era stata sincera, e per una volta non se ne importava di quello che poteva apparire. Lui lo sapeva e non poteva negarlo. La guardò come se stesse guardando l' orizzonte. Oramai era tutto già stato fatto, non c' era più motivo di stare lì, non una sola ragione per continuare a parlare. Le si avvicinò piano guardandole il viso. Era bello come qualcosa tanto lontana da essere pura.
"Non è poco. Purtroppo non ho mai creduto alla verità delle cose, al fatto che vano come devono andare. Ma non cambia niente. Io non cambio niente, e magari non voglio farlo"
Si fermò un attimo e le accarezzò il viso, così bello e lontano. Lei lo lasciò fare, anzi strinse un po' la mano di lui con la spalla e vi poggiò la sua. Lui parlò mentre continuava a carezzarla:
"Sarebbe bello se non esistesse nulla altro, ma solo il tuo viso. Forse non siamo poi così diversi, come due raggi di luce, il colore è diverso, ma sono entrambi luce"
Si chinò a darle un bacio leggero, come un soffio sulla pelle. Lei gli strinse un po' di più la mano e lo fissò per qualche secondo. Era tutto fatto. Lui si voltò in silenzio e si avviò senza voltarsi. Aveva vinto quella piccola battaglia ma come già sapeva senza guadagnarci niente. Una volta in auto scelse con cura la musica da mettere esaminando uno ad uno tutti i CD a disposizione. Si appoggiò al sediolino prima di partire e respirò a fondo. Si sentiva strano, non sapeva bene come e addirittura gli parve di non sapere nemmeno il perché. "Forse è l' aria intorno" si disse, poi ripartì.

martedì, novembre 04, 2008

mi do delle arie....tiè!!

Il mondo va a rotoli, e c' è poco da fare. Ma per fortuna ci sono delle persononcine a modo con dell' evidente buon gusto, buonissimo! Infatti a tale dimostrazione una di queste personcine a modo mi ha premiato, senza falsa modestia a buon ragione, ed il premio lo vedete qui. Signori e signore, singles e coppie di fatto, protestanti, protestati, indagati ed esseri umani tutti vi informo che sono stato insignito (si dice così non dubitate) del Premio ARTE PONTO VIDA, mica bruscolini, che prevede piccole regole da rispettare. Quindi recupero un barlume di serietà e credibilità e delucido il premio e regole annesse...ecco:
Il premio onora e riconosce il lavoro di blogger i cui blog motivano la terapia d' arte, e io ne sono lusingato, e presenta un piccolo e semplice corollario:
  1. si citi chi ha deciso di assegnare il premio
  2. si dica il perché si è deciso di aprire il blog premiato
  3. si dica quale sia la propria arte madre, anche se molteplici
  4. nominare altri 13 blog amici meritevoli di tale attestato.

Allora come già detto il premio mi è stato assegnato da una personcina a modo con evidente buon gusto che nella fattispecie si tratta di scrittrice75, o Angela (mi permetto di riportare il nome vero spero non ne abbia a male), che come il nik suggerisce è una scrittrice e come tale scrive. Io la ringrazio per aver associato il mio blog all' arte. Grazie. Ora ho deciso di aprire il blog per divertirmi, poiché scrivere soprattutto mi diverte oltre ad essere una necessità, per pubblicare tutte le idee che mi venivano, per esercitarmi nella scrittura, per le poesie che scrivo da tanto, per togliermi uno sfizio, non per particolari esigenze di sfogo. Per vedere che ne veniva fuori dai miei raccontini. Sono interessato un po' a tutte le arti, con più o meno interesse, ma di certo la mia arte madre è la MUSICA, con la quale fondo pure la scrittura, e poi la scrittura che pure mi accompagna fedele, ma sono più musicista che scrittore. Qui mi sento di dover fare una precisazione: senza alcuna arroganza mi considero un' artista, e non perché suoni tre strumenti o perché scriva, perché penso che artisti lo si è, penso che sia una caratteristica di noi stessi ne più ne meno come la simpatia o la testardaggine, perché io sento il mondo intorno in modo diverso dalla maggior parte della gente, e non mi sto mettendo su di un gradino più alto, solo diverso, e questo modo diverso mi porta a vedere cose che forse non tutti vedono, a sentirle e quindi a doverle dire, in qualche modo. Ecco. Detto questo vi dico che per tener fede all' ultimo punto necessito di un po' di tempo, e siccome mi pare sia lecito me lo prendo e vedrò con calma a chi dare cotanto lustro!!..Grazie a tutti.......TA DA!!!!!!!

venerdì, ottobre 31, 2008

....ancora sull' amore, e sull' inizio.

PREGHIERA PER I NUOVI GIORNI (titolo)
Regalami
le cose che ci spaventano
affinché la paura
diventi gioia,
affinché la gioia
sia la nostra compagna.
Perchè anche le lacrime
abbiano il sapore dell'amore
lascia che i sogni più belli
diventino semplici parole,
che come gioielli
ci porteremo addosso!

"... che strane creature i poeti. ogni volta che parlano è una truffa."

lunedì, ottobre 27, 2008

...una sull' amore.

INNO ALLA COMPAGNA CHE MI STRINGE LA MANO (titolo)
A te
che mi stringi
la mano potrei
dire mille cose.
Ma preferisco guardarti.
Un sorso di vento
ci accompagna
discreto, con le
stelle che in cielo
ci spiano.
Ma sono tutte tue.
A tratti me ne
regali qualcuna,
ma non te ne curi.
L' imbarazzo che
taci mi fa degno
della luce che
indosso, e se ho
davvero quel po'
di follia che tanto
mi dici tenterò
di strappare
il cielo per
dartelo al dito.
Forse canterò
di altre cento
cose che non
hanno senso
e tu ne riderai,
ma di te
che mi stringi
la mano mi
racconterà l' aria.
Se non ci sarò
e se non ci sarai.
Mille angeli ci
canteranno le
nostre favole
e se non li vedrai
cosa importa?
Basterà chiudere
gli occhi.
Se ti sembrerò
lontano aspettami
ed io cercherò
di dirti i sogni
che vedo.
Se il mio parlar
ti suona strano
perdonalo.
Perchè il
cielo se ne
riempi tutto
getto in alto
questo mio saluto,
a te che
mi stringi
la mano.

...scritta quando ero innamorato, ed in parte ancora lo sono.

martedì, ottobre 21, 2008

un' idea folle - puntata 4 (Come illudersi di ritornare)

Dopo troppo tempo forse, eccovi la quarta puntata.......

CAMMINARE CON LENTEZZA.....
Camminano lenti seguendo l' auto. Sparsi in una fila disordinata. Tutti tristi, tutti addolorati. D non li guarda, pensa che quella sia una pagliacciata. Cammina un po' in disparte, guardando in alto chiuso nei suoi occhiali nerissimi. C' è il sole. Lo trova ingiusto quel sole, insensibile. Fa caldo ma non se ne accorge. Porta un pantalone nero, scarpe nere, una camicia nera a maniche lunghe chiusa fino all' ultimo bottone sul collo sistemata con cura nei pantaloni. Le mani in tasca. Segue la folla senza farci caso, meccanicamente, non guarda nemmeno la strada. Mantiene gli occhi al celo. Qualcuno gli fa un cenno di saluto, qualcun altro gli dice qualche parola. Lui non sente niente, non risponde a nessuno. Solo cammina e guarda al cielo. Quello non è il suo posto, non è il suo paese, non lo è mai stato. Poi pensa di non avercelo un posto, un paese. Quindi non fa differenza. In fondo non è nemmeno il posto del fratello. Quello fa differenza. Non riesce a trovare un senso a quello che sta facendo, a quella situazione. Si sforza, ma non riesce a trovarci un significato. La bara, l' auto, la gente, i suoi vestiti neri. Non se li spiega. Allora ci rinuncia, che tanto non cambia niente, tanto le cose stanno come stanno. Questo fa differenza. Abbassa lo sguardo per guardare i suoi genitori. Sono davanti a tutti, uno vicino all' altro. Il padre, piegato, sconfitto, stanco. Senza colore, con lo sguardo lontano, la faccia scavata dal dolore, piccolo. Non vuole più niente, non si accorge di essere lì. La madre ritta e ferma, con lo sguardo fisso, vuoto, senza vita, il viso asciutto senza lacrime, la testa alta, le mani ferme, pietrificata, cementificata, senza ragione, senza respiro, senza più niente. D per un attimo pensa a come potrebbe essere stata la scena se nella bara ci fosse stato lui. Un improvviso pudore lo costringe a soffocare un sorriso. Si rammarica per non saper confortare i suoi. Ma le cose sono come sono. E nella bara non c' è lui. Questo fa differenza. Camminare non gli pesa più. Si guarda attorno prima di rialzare lo sguardo. Vede la folla, molti non li vedeva da un po', molti altri non li ha mai visti. Vede la strada e le case intorno. Vede i parenti. Estranei. Come lui. Si sente estraneo a tutto quello, alla gente, al posto, ai suoi. Si convince ancora di più di voler restare e vedere come vanno le cose. In fondo ha bisogno di solitudine e dove si è estranei si è anche soli. Poi magari qualcosa accade. Si arriva alla chiesa, ma lui non entra. Ci pensa, ma non ci riesce. Qualcuno lo guarda incuriosito, qualche parente sembra accennare un piccolo rimprovero con gli occhi. D non ci bada. Resta fuori con lo sguardo al celo. Pensa solo di non voler tornare a casa, pensa di voler camminare tutto il giorno. Tanto la casa sarebbe piena di gente. Si avvicina qualcuno. Gli parla ma lui non la sente. E' una ragazza. D la guarda, la vede muovere le labbra, ma non la sente, nemmeno un suono. Si accorge di conoscerla, ma non riesce e ricordarsi di lei. Lei continua a parlare, sembra preoccupata, gli mette una mano sulla spalla. D la guarda come si potrebbe guardare attraverso una finestra. Lei insiste, ma lui non la sente. D pensa che potrebbe persino riderle in faccia se non sta attento. Nel frattempo non riesce a ricordarsi di lei, ma la conosce. Se ne convince un po' di più. Immagina il suono della sua voce, lo immagina piacevole. Lei sembra ancora più preoccupata. Fino a che smette di parlare. D non la guarda più, ritorna a fissare il cielo. Gli viene in mente che sarebbe bello, in quel momento, avere della musica da ascoltare.

martedì, ottobre 14, 2008

"la paura degli esseri umani è paura di essere umani"

La Bestia era nel mezzo, ci chiudevamo a cerchio intorno. Rantolava, a terra, si dimenava, bestemmiava, e continuava a scorrerci con lo sguardo. La sua sofferenza aveva ghiacciato l' aria. Nessuno diceva una parola, tutti chiusi in cerchio ad osserva smettere di esistere. Fermi, zitti, con le mani in tasca. La Bestia seguitava a muoversi, riversa sul pavimento, sanguinava feroce e magniloquente, i rantoli erano insopportabili. Eppure nessuno fece niente, nessuno mosse un dito. Solo io avevo un leggero sorriso sul volto, e lui di fronte talvolta mi guardava. La Bestia. I suoi occhi erano del Diavolo, ed il suo odio ci pesava addosso come una colpa. La Bestia era lì per noi e non potevamo sopportarlo. Fermò lo sguardo su di me prima di lasciare uscire la voce:
"Cose c' è uomini? Vi piace il colore del mio sangue? Come siete inetti persino nel disprezzo!"
La sua voce aveva il suono del marcio. La Bestia non voleva andarsene.
"Gioite signori!! Ultimi! Questo siete, ultimi" una tosse la interruppe, il sangue le riempiva la bocca, non lo sputò lo lasciò colare, così che tutti vedano "piccoli esseri, vi rallegrate della mia fine così da potervi rallegrare della vostra. Piccoli esseri"
Si dimenava la Bestia, fiera del suo dolore, cosciente della sua misera fine. "Non pensate di me, uomini, che io sia finita. Voi siete me, voi siete la mia fine....." ancora il sangue giunse a fermarla, ed un' improvvisa convulsione. "Questo sangue sono le vostre lacrime, miseri. Il vostro odio...guardatevi...guardatevi..fermi nei miei rantoli.......fetidi fetidi fetidi fetidi, no no, non smetterò poiché voi non smetterete, voi siete me!!....il sangue, il mio sangue vi gonfia....uomini e morti peggio del mio misero viso. Cani....cani come quei lerci che qui vi hanno condotto...........il mio sangue sempre vi sporca.....ah ah ah ah ah ah...guardatevi, guardateviiiiiiiiii!!!!!!! ed io sono la Bestia. Ah ah ah ah ah ah....uomini, esseri umani, spettatori......misere bugie, fandonie di marcio.....il sangue il sangue il sangue il sangue................eccolo il sangue bevetene! Bevetene! Ad uno ad uno mi prenderò ed allora saprete come si bestemmia....bevetene!!! Uomini...eserciti, io sono gli eserciti...porci, porci, neanche l' inferno vi vuole esseri umani!! perché ora? perché?...si lo so è tempo...ma perché?.....il mio sangue vi riempe!! Porci. Esseri umani, solo questo siete, esseri umani, gonfi di giustizia, di miseria, soli e persi, marciti, abbandonati...dove è? Dove è la verità? allora porci, dove è la verità? Fermi nei miei rantolì..........guardatevi....guardatemi, guardatemiiiiiiiiiii. Inetti persino nell' odio...cosa saprete fare? Dove affonderete le vostre dita?.....ultimi questo siete ultimi!! Come il mio cancro sarete sempre marci...guardatemi, guardateviiiiiiiiii!!"
Tutti in cerchio la guardavamo dimenarsi persa nel suo vomito. La Bestia stava finendo, eppure nessuno mosse un dito. Non un respiro, in quell' aria ghiacciata dalla sua sofferenza.

La Bestia seguitava a chiamarci tutti per nome, ma nessuno ebbe il coraggio di risponderle.

sabato, ottobre 11, 2008

....una

SENZA ALCUNA VOLONTA DI DOLORE(titolo)
Farò di tutto per
Riuscire ad essere da solo.
E nel frattempo saprò
Dire tutte le bugie che
Saranno necessarie.
Finalmente la mia stupida
Anima potrà smettere
Di fingere di starmi
Accanto.
E riposerò finché dovrò.
Francamente non
Credo più.
E non so perché le
Mie parole abbiano
Ancora il fastidioso
Suono della verità.
Solo il silenzio mi
Rende sveglio ed
A lui mi aggrapperò.
Con lui mi cullerò
Fino all’ alba,
in lui aspetterò il nulla.
I vostri volti saranno
Così piccoli ed incolore
Che persino io potrò
Dimenticarli senza
Pentirmene affatto.
Tutte le mie scuse
Vi sembreranno
Infinitamente giuste
Ed allora io,
nel vostro rumoroso
stupore saprò dove andare.
Le mie mani saranno piene.
Ego vi assolvo in
Nomine padre
Signori miei,
Finché il tempo ci
Renderà servizio.

questa è l' ultima che ho scritto, avrà poco più di un mese. Credo sia positiva.

lunedì, ottobre 06, 2008

elogio al peggio.

E sono la notte che viene a pigliare le anime sveglie senza più amore. E sono quel buio, l' eterno dolore, il sangue il sudore e la puzza del tempo. Io sono il peggio vestito di nero, il vostro sangue che tinge il sudario. Che brucino le membra, ed insieme le passioni, ubriachi del male e santi di follia, uomini straziati di carne privati urlate le bestemmie, che salgano al cielo. Senza più morale, privi di tempo, spenti di ogni gemito di vita io vi mangerò le ossa. E senza alcuna lacrima, senza colore, solo quel nero che di infamia vi copre, quella zozzura che la morte vi da, quel marcio sconvolto che vi rende perduti, voi che da me sarete presi e che da tutto sarete andati. Sconfitti e mangiati io vi deploro, io vi confisco ogni sogno e nel fango lo affogo, il fango della terra che vi odia, che vi mangia, che senza gloria vi dimentica. Uomini, bestie, pazzi affogati, pezzi di corpi. Che non vedano più gli occhi, che ogni consiglio vi trovi storpi e figli miei, persi nella bestemmia e nello squallore, vanti di quell' unico rancore che corrode la mente e rende impuni. Non più uomini solo creature, non più vivi, non più voi, perduti e disprezzati, rotti lacerati nel lercio delle vostre misere vite. Ultimi e non più contati. Io vengo a riscuotere il mio compenso, vengo a bere dei vostri lamenti, che siete già pazzi, che la fine non sia migliore, che la penitenza vi sorprenda indifesi, che il demone si vergogni del vostro dolore. Io brinderò nelle vostre carni, e il Diavolo avrà di che umiliarvi. Non messe nella vostra perdizione, nella vostra condanna, l' aria vi ripudierà come blasfemia, come fine ultima della coscienza traviata. Nel nome dell' odio le catene della morte vi saranno strette, il vostro sangue le terrà lucide. A voi che siete andati traditi da ogni umana speme neanche il fango presterà ristoro. Solo odio e fine, odio e morte, nella vergogna delle vostre carni, senza grazia, senza pietà, solo fine e buio nell' agonia della vostra dipartita. Che brucino i cieli sopra di voi, non più uomini, voi che da me sarete presi a da tutto sarete andati.

giovedì, ottobre 02, 2008

uno come quello lì

C' era un tipo strano. Uno di quelli che ti volti a guardare, uno di quelli che osservi di taglio, per non far vedere che poi lo stai guardando che non sai come potrebbe prenderla. Uno particolare. Uno di quelli che conoscono tutti, però nessuno lo sa come si chiama, che pare che nessuno sappia chi è. Uno così insomma. Qualcuno ha delle storie su uno come quello lì, però vai a sapere se sono vere, se poi sono successe davvero, che la gente non ci mette niente ad inventare, perché si sa tutti vogliono avere qualcosa da dire. E su uno come quello lì non è mica tanto difficile inventare le storie, che davvero potrebbero essere vere. Che se ci fate caso, in ogni posto c' è uno come quello lì, più o meno strano, più o meno conosciuto, più o meno maltrattato. Però c' è. E già questo ti fa pensare, perché poi mica sono così diversi i posti nel mondo se tutti hanno un tipo come quello lì, e te ne convinci, anche perché pensi che poi i posti sono fatti dalle persone, e che se sono diversi vuol dire che sono diverse le persone che ci stanno, con altre abitudini, atre storie, altre idee. Però poi se ci sono sempre tipi come quello lì e sono trattati uguale, allora le persone mica sono poi tutte diverse, che se no almeno un posto senza tipi come quello lì ci doveva pure stare. Ma non c' è. Allora non sono proprio diverse queste persone, anche se sembra, sono diverse le cose in superficie, che se vedi bene nemmeno quelle, ma la sostanza è la stessa, le stesse necessità e gli stessi desideri. Però mica la si ammette questa cosa, che pare che se poi dici che in fondo siamo uguale c' è pure chi si offende. E quello lì a me a volte sembrava che ci assomigliasse a tutti, che poi nessuno lo conosceva e mica si poteva dire che era diverso, che se dicevi ad uno per strada " lo vedi quello lì? è come te" poteva pure essere che ti diceva una parolaccia o si offendeva. E forse magari in principio mi sarei offeso pure io, che avrei pensato "e che c' entro io con quello lì? lo hai visto bene?". Però poi ero io che non lo avevo visto bene, e pure tutti gli altri non lo avevano visto bene che se no lo capivano che un po' assomigliava a loro. Che poi è ovvio che mica si è proprio uguali uguali, però è una diversità strana perché poi ci rende tutti gli stessi, con le stesse paure, le stesse voglie, che tutti ad una certa ora abbiamo fame, che poi ci viene sonno, che se facciamo cose diverse poi in sostanza andiamo dalla stessa parte. Allora mica è poi tanto vera tutta sta diversità, che il segreto è tutti lì, devi stare attento a cosa vuoi dire se dici "diverso", perché poi la gente ci crede e ti vede sul serio come uno diverso, allora devi far capire che stai dicendo che non sei proprio uguale uguale, che ti piace una cosa che poi magari a loro non piace, che sei particolare, non banale. Che poi a fraintendere non ci vuole niente ed allora tutti credono che anche tu sei uno come quello lì, che poi in verità i tipi come quello lì mica esistono. E' che lo credono gli altri, che sono talmente convinti che non guardano più con attenzione, che se no lo vedrebbero che poi non ci sono i tipi come quello lì. Così quello lì non mi sembrava più uno come quello lì, che poi sarebbe sempre lui, ed allora mi sono chiesto perché poi le persone pensavano che non era come loro. Che a dire la verità era strano, però per esempio pure uno che si mangia le uova con la maionese alle sette di mattina per me è uno po' strano, e la Germania è piena di questi che si mangiano le uova alle sette di mattina. Allora mi son convinto che essere strano non è mica poi una cosa brutta, che poi non è che uno è strano, ma siano noi che lo vediamo strano. Per esempio in Germania uno che mangia le uova alle sette di mattina mica dicono che è strano. Allora sta normalità è solo una bufala, e quello lì non è strano solo perché lo dico io, magari lui ci vede strani, allora chi ha ragione? E se fosse tedesco? O forse non gli piace quello che piace a tutti. Ed allora mica posso dire se è strano o no se non gli piace quello che piace a me. Così ho deciso che ci dovevo parlare con quello lì, tanto per essere sicuro, e vedere che poi i tipi come quello lì mica esistono, e quindi è normale che poi ci sono da per tutto, che se non esistono non esistono da nessuna parte. Ed io un giorno gli ho parlato a quello lì, così per strada, che gli deve essere parso strano che uno poi lo ferma per strada e gli parla che manco lo conosce. E va beh mica ho detto che io non sono strano. Mentre aspettavo il pulmetto l' ho fermato, che pure lui aspettava il pulmetto, e gli ho chiesto come che andava. Aveva l' aria stranulata e non era mica tanto abituato al fatto che poi uno vuol fare conversazione. Gli ho chiesto pure come è che si chiamava. Dopo un po' mi ha risposto, e qualche parola l' abbiamo scambiata. Io devo dire la verità mica ho capito bene bene cosa mi ha detto, però secondo me neanche lui ha capito bene bene cosa ho detto io, ed allora siamo pari. Era la prima volta, e quindi un po' va bene che non ci siamo poi tanto capiti, però già adesso va meglio, che ci salutiamo quando ci incrociamo per strada e sul pulmetto di mattina parliamo, sembra proprio che ormai ci capiamo, magari non bene bene, però non c' entra, che certe volte non capisco neanche mia madre bene bene. Mi sa che adesso la gente sul pulmetto pensa che anche io sia uno come quello lì, però non importa, che io a dire la verità mica ho tanta voglia di spiegare che poi i tipi come quello lì non esistono.

lunedì, settembre 29, 2008

dunque....

Cari signori e signore, signorine e ragazzetti di ogni livello sociale, uomini di fatica e donne facili, esseri immuni alla saggezza e voi che sapete contare le stelle, amici parenti di amici e parenti dei parenti, chi conosco e chi no, e tutti quelli che possono essere....mi hanno premiato!! E lo vedete, il premio, qui sopra. Devo dire che sono in imbarazzo poiché non sono avvezzo al mondo blogger, però va bene lo stesso. E' premiata la fantasia ed il mio modo di scrivere e sono lusingato!! Mi ha premiato Veronica, una cara signorina molto simpatica ed intelligente, nonché di evidente buon gusto, che mi legge ignara delle ripercussioni psicosomatiche che ne verranno. Il premio è stato ideato con saggezza da Ishtar, che non conosco lo ammetto ma mi riprometto di andare a leggere il suo blog quanto prima, e la cui dicitura recita : "...i premi solitamente hanno un regolamente, questo nessuno in particolare, ricordate solo che è attinente alla fantasia, sarebbe cosa gradita dire che è stato inventato da me, e tratto da una mia foto delle saline di Molentargius, Cagliari, nulla di più!". Detto questo ho detto tutto e mi vado ritirando genuflettendomi a tale sentenza fin troppo benevola.

venerdì, settembre 26, 2008

..la celebrezione

CANTO PER IL MIO FUNERALE (titolo)
I cori dei cieli
suoneranno forte
quel giorno e
molti occhi si
spalancheranno per
vedere il carro che
mi porterà. Forse,
piangeranno le
nuvole, forse piangerà
il vento. Ma una
musica dolce
riempirà tutta l'aria
del mio ricordo,
anche se solo
per un attimo.



.......altamente celebrativa, ed a proposito di fine.

martedì, settembre 23, 2008

un' idea folle- puntata 3 (Come illudersi di ritornare)

A voi la terza puntata........con un piccolo cambio di visuale.

PRIMO INTERMEZZO. SUL PIANTO
Chiusa nella stanza. Buio, tutto intorno. Non vede niente. Piange. Non pensa, Non vuole ricordare. Piange. Odia la presenza che le sta affianco. Non sa spiegarselo, ma in fondo non le interessa. Pensa solo "perché lui è vivo?". Un po' se ne vergogna, ma si convince che non è naturale sopravvivere ai figli. Allora se lo ridomanda, "perché lui è vivo?". Piange. Silenziosa, senza rumore. Ma è estremamente evidente. Piange. La notte pesa. Interminabile. Sa che la presenza che sta di fianco la sente, si accorge di tutto. Lo odia un po' di più. Piange. Si chiede come sarebbe finire tutto lì, come sarebbe se riuscisse a non sentire più niente. Si convince che tutto il resto sarebbe comunque come niente. Allora tanto vale goderselo quel pianto, perché è comunque l' ultimo che fa. Ne è sicura. Piange. Non si preoccupa più di stare in silenzio. Ora il silenzio le sembra indegno. Piange. Solo questo conta. Piange. Che tutti sentano. Piange e prova orgoglio per quel pianto, tanto che diventa ingombrante, riempe tutta la stanza. Colma le pareti. Le sembra di ridere. Piange. Tanto che l' alta persona non può più stare nella stanza. Quel pianto la soffoca. Lei lo sa ed allora Piange. Lo rende evidente, insopportabile. L' altro si alza. Ma non si volta. Piange. Pensa a D, e quasi di nascosto si chiede perché non lui. Perché non l' altro figlio. Piange anche per quel pensiero. Non conta più. Piange, e quello giustifica tutto. Pensa che in fondo lui se ne era andato. Quindi perché no lui? Piange. Si rende conto che le è rimasto solo quel pianto. Non ha più niente. Tutto non esiste più. Niente marito o altro figlio con il quale non parla. Niente casa. Solo quell' ultimo pianto. Allora vuole farlo durare quel pianto. Deve tenerselo stretto. Sa che quando finisce, allora finisce pure lei. Tanto tutto è già accaduto. Piange. Devono sentirlo, devono saperlo. Lei lo deve sentire, lei lo deve sapere. Tanto non le interessa nessun altro. Solo il pianto. Ora lei è diventata il pianto, le lacrime sono lei stessa. La notte comincia a finire, e lei comincia ad avere ansia. Non vuole finire. Vuole piangere. Non vuole finire. Pensa che è troppo presto, che una notte dura meno di un pianto. L' alba si fa vedere. Le lacrime sono più dense, scendono più lente. Si agita un po'. Non si può piangere con la luce. Ancora poche lacrime e poi il nulla. Andare avanti vuota. Tanto già si è morti. Piange. Non vuole smettere. No. Un po' di luce entra. Si rassegna. Sente le lacrime sempre più lente, sempre più poche. Allora si calma. Non si può piangere con la luce, lo sa. Pensa che in fondo l' eternità è tutta lì, nella fine delle cose. La luce invade la stanza e la trova ferma. Non piange. L' ultima lacrima tenta di resistere sullo zigomo. Asciuga gli occhi con cura con un fazzoletto fresco di bucato e lo ripone in un cassetto, lontano da qualsiasi altra cosa.

sabato, settembre 20, 2008

...una sulla fine

(SENZA TITOLO)
A tratti riconosco
il cielo ed il cielo
riconosce me,
mia Regina.
Eppure le tue mani
mi avrebbero potuto
toccare ed io,
gli avrei creduto.
Ma è già abbastanza.
Le cose arriveranno
e le risposte non
serviranno più.
Tutto sarà dove sei
tu ed io non sarò
da nessuna parte,
mia Regina.
Mi terrò tutti i segreti
e continuerò a dire
le mie solite bugie.
Conosco i miei desideri
e troverò il mio pudore,
poiché passa
la fine mia Regina.
Il tempo avrà
di nuovo ragione.

La celebrazie della fine, che spesso è più importante dell' inizio! Ho sempre pensato che il fatto che debbano finire rende le cose speciali.......ma in fondo sono uno strano io.

giovedì, settembre 18, 2008

intermezzo ( in Abm )

Tutto scorre lento, e i rumori non esistono più. E' fra altre cento persone, ma sono lontane, tanto che le loro voci gli arrivano confuse, appena udibili nella lentezza dell' aria. Eppure gli sono accanto, ma per lui troppo distanti. Per un attimo gli sembra di non poterle più vedere. Sorride e socchiude gli occhi abbandonandosi all' aria della notte. Non guarda più, ascolta il brusio delle voci che non riesce più a riconoscere, si appoggia al silenzio che diventa musica, ai colori delle note, al Ebm che diventa E, cerca di sentire il suo respiro, gli pare di sentire il suo nome, ma il suono è lontano, viene rapito dal movimento sul F#, dalla musica della notte, apprezza il fraseggio sulle quarte e le seconde, gli sembra fresco, alza un po' la testa, gli arriva un luccichio ma è piacevole, ascolta, il tempo che dall' otto passa al tre, gli pare di sentire le note che lo sfiorano, come se fossero vento, aria che si muove, è candida la musica, le voci non le danno fastidio, a tratti sembrano parti di essa, il movimento sul D#m, sul B e poi ancora sul F#, un passaggio davvero elegante, si lascia cullare dalle note dolci ma svelte, le terzine che si inseguono, un piccolo cambio sul Abm ma poi si ritorna subito sul B, oramai ci sono solo le note, il cielo e l' aria sono solo note, leggere, che riempiono tutto lo spazio, l' amore, il suono del tutto, la musica, la vita, il dolore, una piccola pausa, il F# che chiude sul E, la nota che sfuma. Riapre appena gli occhi, pensa che sarebbe bello sentire le persone che lo circondano piangere per vedere se così riesce a riconoscerle.

venerdì, settembre 12, 2008

..una su di me (forse, magari ditemi voi!)

SECONDA LETTERA ALLA PICCOLA AMICA(titolo)
Vedi,
prima o poi torno
a scriverti.
Non sono sicuro che
sia passato del tempo
dall' ultima volta.
C' è la luna che
taglia la notte.
Vorrei tagliasse anche me.
Sarebbe bello sai
potersi sciogliere
come la pioggia per
ballare nel vento.
Non voglio restare qui.
Ma forse non voglio
andare in nessun
altro posto. Ti prego
piccola amica, parlami,
raccontami mille cose,
inventa favole solo
per me. Portami via,
tra milioni di parole.
Chiudi i miei occhi
e cullami con la tua voce.
Non abbandonarmi qui
fra le cose che ci sono,
portami fra quelle che
non esistono.
Non voglio vedere.
Non voglio sentire.
Anche se solo per
un' ora, forse,
non voglio esistere.
Ricordi?...Ti dissi che
ti avrei scritto una poesia.
Le poesie che ti
dedico sono pensieri,
non potrei mai scriverle.
Sembro un bambino.
Perdonami piccola amica,
Non farti una cattiva
idea di me. Perdonami.
Non sono sicuro di
sapere cosa dovrei...
Sto dicendo troppi no.
Ormai si è fatto tardi,
ma tornerò a scriverti.
Ti prego solo di essere pronta.
Ti saluto piccola amica
con l' augurio che
sarà la gioia il nostro
prossimo tramite.
Anche ora ti invito
a salutarmi chiunque
tu voglia e magari parlagli
di me inventando pure
qualsiasi storia
ti sia venuta in mente.
Vestimi di fantasia
cosi capirai, e capirò anch' io.
Ti regalo il mio pensiero
e questo tentativo di
omaggiarti.
A notti migliori
piccola amica,
che non tardino
ad arrivare.

....ecco, non sono sicuro di poterla considerare una poesia. Anche questa è lunghina e lo so, ma ha qualche verso in meno però. Esiste anche una prima lettera, ma questa mi piace di più. Eccola a voi.

...mi pare abbastnza!

So che qualcuno sarà scontento o indignato da quello che dirò, però lo dico lo stesso: basta co sto 11 settembre mi avete rotto!! In tv, su internet, sui blog, continuamente gente che dice che non bisogna dimenticare, gli speciali in tv, i filmati riproposti, per non dimenticare bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla............basta!! Non mi fa piacere ovviamente, non approvo qello che è capitato, ma vi rendete conto quanta squalida propagande c' è dietro questo fatto del ricordare questo 11 settembre, quanta indignazione pubblicizzata e venduta a spray qua e la!! Nel mondo ci sono almeno 120 conflitti di natura civile, senza contare le guerre fatte dagli americani per vendetta, perchè era quello, (o meglio un opera economica mascherata da vendetta), e non si parla che dell' 11 settembre! Vi indignate a comando, solo se vi fanno vedere il filmatino su youtube, e vi fate abbindolare dai media che vendono la loro indignazione. Intanto la situazione in Birmania fa meno notizia di quante medagli ha vinto l' Italia, l' olimpiade, una caterba di soldi spesi a cazzo per far fare bella figura alle nazioni coi loro bei atleti, ha completamente oscurato la strage dei monaci....e nessun si indigna perchè? Perchè nessuno ha fatto pubblicità ecco perchè. Perchè vedere centinaia di idioti che si danno da fare per vincere un pezzetto di ferro è più importante delle stragi che in tutto il mondo vengono fomentate, molte dagli americani per ovvie ragioni di mercato. Francamente a me sembrate un po' ridicoli!!

lunedì, settembre 08, 2008

un' idea folle - puntata 2 (Come illudersi di ritornare)

Eccovi la seconda puntata....spero vi piaccia. Beccatevela!!

FINO ALL' ALBA
Sono tutti seduti intorno al tavolo, mentre persone entrano ed escono continuamente. Parenti, amici, conoscenti. Qualcuno soffre, qualcun altro finge. D è seduto in disparte, su di una sedia poggiata al muro, ai bordi della stanza. Guarda le persone che entrano ed escono. Molti li disprezza, altri non li cura. Gli sembrano troppe. Pensa di alzarsi per andarsene a fare due passi. Poi decide di restare. Ha in mano un caffè ma non lo beve, lo guarda soltanto. Cerca di non pensare a niente. Quasi tutti lo salutano e sembrano non badare al suo stare in disparte. Ma fingono. Lui lo sa e non gli interessa. In fondo se ne era andato proprio per questo. Una voce ripete in continuazione “Non si può morire così”. È sua madre. Piange. Non pensa di confortarla, solo la comprende. Un figlio che muore un po’ ti uccide. Il padre è in silenzio. Si sente solo un po’ di brusio di gente che si muove. Il suo amico è seduto al tavolo. A tratti lo guarda. D fa finta di non accorgersene. È come se non fosse lì. Non sente niente di quello che sta attorno. Cerca solo di non pensare. Una mano si poggia sulla sua spalla. Si volta senza scatti. È suo cugino, un amico. L’ unica persona che vede con piacere. Si guardano. Non servono le parole, si possono dire tutto così. Poi il cugino si avvicina al tavolo e bacia la madre di D. Resta qualche secondo a fissare il tavolo, gli sembra terribilmente lontano. Sembra non avere senso quello che vede. Torna a fissare il caffè, in silenzio. Si avvicina il suo amico e gli fa cenno. Escono. L’ amico comincia quando sono sul pianerottolo, nelle scale.
“Io vado D….potrai perdonarmi se me ne vado?”
“No….ma non fa differenza. Ti capisco vai”
“Non posso stare al funerale, non ho la forza scusa”
L’ amico si accende una sigharetta, D non fuma. Un attimo di silenzio, sembra pesante e lungo.
“Tra quanto pensi che se ne andranno tutti ‘sti pagliacci?”, è D a parlare. L’ altro sospira poi comincia “Per gli incidenti si perde sempre molto tempo tra ospedali e rilevazioni ed i parenti arrivano tardi a casa….almeno per un altro paio d’ ore penso, ma poi non è una cattiva cosa. Hai visto tua madre non può restare sola”
“Non è sola. C’ è papà, sua sorella….tutta questa gente non conta niente”. Si sente altra gente arrivare. D chiede “Che ora s’ è fatta?”
“Sono quasi le nove e mezza D”. Si guardano per un po’ senza parlare. È di nuovo D a parlare
“Dovresti farmi un favore…..”
“Non ti preoccupare avvertirò io tutti per la tua assenza. Domattina faccio un giro di telefonate.”
“Grazie. Terrò il cellulare spento in questi giorni, non mi va proprio di sentire le condoglianze di estranei. Tu non temere, mi farò sentire io”
“Allora resti. Quanti giorni starai?”
“Non lo so. Non so neanche perché ho deciso di restare. Vedremo cosa capita. Ti farò sapere……tu piuttosto devi muoverti se devi tornare si sta facendo tardi”
“Non temere, se me la prendo comoda staro per mezzanotte a casa”. Restano ancora un po’ sulle scale, zitti. Si sono detti tutto. L’ altro se ne va. Non basta il paio d’ ore per far andare via tutti, ne servono quasi tre. D resta seduto sulla sua sedia poggiata al muro per tutto il tempo. In silenzio. La madre fa l’ ultimo caffè prima che chi è rimasto in casa vada in stanza a fare finta di dormire. Questa volta lo beve. Lui va nella sua vecchia camera. Non dorme. Resta steso sul letto e guarda il soffitto. Si sforza di non pensare. Non si spoglia, si toglie solo le scarpe. Passa il tempo. Si alza ed esce sul balcone. Sente la madre che piange, piano, in sordina, ma piange. Sembra non gli faccia effetto, ma non ne è convinto nemmeno lui. Rimane fermo a guardare l’ orizzonete forse per un’ ora. Arriva l’ alba. Lenta, calda, silenziosa. Gli si infila un pensiero frivolo nella testa, forse sorride. Pensa che sarebbe stato bello in quell’ occasione avere il vizio di fumare. La luce del sole si fa evidente e pensa che nemmeno così gli piace quel posto. Entra dentro e sceglie i vestiti da indossare.

venerdì, settembre 05, 2008

......una sul disprezzo

EPIGRAFE PER LA DISCESA ALL' INFERNO (titolo)
L' ultimo gradino
dell' inferno è ormai
sceso e le
ultime ore di
quella notte i miei
occhi videro
sogni improponibili.
Ma voi signori
non sapeste udire
le mie bestemmie.
Il mio posto è
di passeggere
e le mie membra
ardono per aver
mischiato la mia
aria alla vostra.
La dicitura del veto
è ormai pronunziata
ed io non posso
che inchinarmi
alla giusta
gaiezza della
vostra miseria.
Nell' acheronte
affogheranno
i vostri dispiaceri
e vi convincerete
che nei vostri
sguardi c' era
davvero qualcosa.
Dai vostri
occhi berrò
tutte le mie colpe
e potrò dipingere
le vostre lapidi
col mio sangue.
Lo squittio
della mediocrità
nelle vostre
orecchie
risuonerà come
il canto dei demoni
in onore della
mia presenza.
Così la vostra
infima conoscenza
sarà parte di
quel fango che
imbratterà i muri
senza che le
mani dell' uomo
ne siano
sporcate.
L' inferno darà
nome alle vostre
frattaglie e
ne custodirà
il ricordo.
Gioite signori,
poiché la
fine viene
e si prende
tutto.

giovedì, settembre 04, 2008

..le cose che se ne vanno.

E' finità. Capita, forse è persino giusto. Ho sempre pensato che ciò che rende le cose importanti veramente è che hanno una fine. E francamente lo penso ancora. Non che volessi finisse, ma non sempre possiamo decidere solo noi, altre volte le cose succedono e basta. E questa è successa. Non credo nei discorsi ottimisti che si fanno in queste occasioni, tipo "sii felicie perchè hai vissuto qualcosa". Sono stronzate di circostanza. Ne custodirò il ricordo ed è tutto quello che conta. Per ora mi basta. Forse rivivrà, in qualche modo, in una nuova cosa diversa, che ricomincerà. Forse. O forse no. Del resto non è questo che conta, conta che è finita. Io mi volto nel vederla andar via e la saluto, con nostalgia, che non è tristezza, ne sofferenza. Non troppa sofferenza se non altro. Penso di essere sotto sotto un tipo romantico, un tipo che nota e da importanza a quei piccoli particolari che tutta l' altra gente non riesce a vedere. Così mi fermo nel vedere passare certe cose della mia vita, certi periodi, certe persone. Ed ora sta passando. A tratti vorrei averla vissuta in modo diverso. Ma non posso cambiare ciò che sono, ne ciò che penso o ciò che provo. Quindi è tutta qui. E se ne va. Tra un po' mi volterò di nuovo e continurò a camminare. Un po' mi dispiace, ma è bella anche per questo!

p.s.ho mandato quella mail, mah vedremo.

martedì, settembre 02, 2008

un' idea folle- puntata 1 (Come illudersi di ritornare)

Appunto un' idea folle venutami un paio di notti fa e rielaborata nel frattempo: diciamo un racconto a puntate, più o meno, quando mi vengono e come mi vengono...così di getto. E vediamo cosa ne uscirà...quindi beccatevi la prima puntata. (ah se avete anche per questo un titolo dite pure...e soprattutto ditemi se fa cagare)...(spero non sia troppo lunga!!)

ACCADE.
E' fermo nella vasca da bagno. L' aqua caldissima nonostante il caldo di fuori. Occhi chiusi. E' sveglio però. Squilla il cellulare. Gli occhi si aprono lentamente, impreca a bassa voce. Con molta calma si solleva leggermente, prende un asciugamani. Secondo squillo, non gli mette fretta. Si asciuga le mani con cura e calma fin dopo i polsi. Terzo squillo. Un sopiro, attende. Ariva il quarto squillo. Si sporge dalla vasca, a terra cerca il cellulare, lo trova. Osserva il nome sul display, se ne stupisce. E' appena finito il quinto squillo. Risponde con voce bassa: "Pronto"
"Ehi D sei a casa?" la voce dell' altro è cupa e tesa, come se stesse scomodo.
"Si ma cosa vuoi?".
"Tra due minuti sono da te"
"Sono nella vasca........lo so che siamo amici ma non fa mai piacere la telefonanta di un poliziotto, me lo dici che c' è?"
"Non a telefono...vestiti hai due minuti ti aspetto"..stacca.
Si incuriosisce e decide che vale la pena vestirsi, se non fosse iportante non avrebbe fatto come ha fatto. Piano si asciuga, pensa che il suo amico può aspettare un po' di più che due minuti. Sceglie i vestiti. Li mette. Controlla le tasche, ha tutto. Chiude la porta e scende le scale con calma, non usa mai l' ascensore. Appena fuori vede l' amico impiedi appoggiato alla macchina, sta fumando. E' incredibilmente serio. Si avvicina. Ci mette un po' a parlare, fuma un po', sospira, poi comincia:
"Mi dispiace D, un incidente con la moto, brutto.....senti non so come dirtelo. Tuo fratello, è morto sul colpo. Non ha sofferto, anche se non conta nulla, anche il passeggero non si è salvato..uno scontro con un auto, l' autista è morto anche lui. Circa tre ore fa. Scusa ma non riesco a dirtelo con delle parole migliori!"
Silenzio. Fa due passi indietro, si siede sul marciappiedi, in silenzio. Pensa che ci aveva parlato la mattina al telefono, ieri lo aveva addirittura visto. Pensa anche che accade sempre così. Un attimo prima.....poi basta. Riguarda il suo amico. "Non ti preoccupare ti porto lì....ci devi andare D, non pensare a cosa è stato. Ci devi andare".
Annuisce, ci deve andare lo sa anche lui. Salgono sopra in casa. Un' ora dopo sono in auto, in viaggio. Devono cambiare citta, regione, ma sono solo duecento kilometri. Se la prendono comoda, senza fretta. D resta zitto e guarda dal finestrini. Ogni tanto cambia stazione alla radio. Poi sente il suo amico che parla. Si volta verso di lui ed ascolta.
"Quanto è che non ci vai?...Dua, tre anni?"
"Tre."
"Senti D mi dispiace ma io non resto. Ti porto lì e riparto quasi subito, non assisterò neanche alla funzione. Appena vuoi però ti vengo a prendere. Scusa, davvero."
"Lo so che gli volevi bene.......mi lasci lì da solo eh!"
"E' la tua famiglia D, non la mia"
"Gia. Beato te!" ma non lo dice, lo pensa solamente, girandosi di nuovo verso il finestrino. Non sente più alcun rumore. Niente. Ne la radio, ne il rumore dell' auto. Guarda il paesaggio che offre l' autostrada. Riescie a non pensare a niente, e se ne stupiscie. Solo una cosa: gli pare triste e crudele che in Luglio inoltrano, alle 7:30 di sera, ci fosse ancora il Sole

giovedì, agosto 28, 2008

...il mio inutile narcisismo

(IN ATTESA DI TITOLO)
Frequente osservo
il buio, il suo
mirabile sorriso.
Il gioco di silenzio
che le ombre fanno
nella poca luce.
Con gusto
mi perdo in esso.
Mentre il sonno
vigliacco
mi resta lontano,
arrendevole
alla mia mancanza
di devozione,
il muto rumore
della notte
mi accarezza lieto.
Il suo colore
mi riempie per farmi
riposare gli occhi.
Gustandone il
sapore lento,
finalmente
mi trovo.



......e si sono proprio un carcisista, e quindi posto questa mia poesia. Questa l' ho scritta io!! Pubblico questa poichè questa notte sono un po' come ero la notte che l' ho scritta. (nel caso aveste un titolo da propormi..........)

lunedì, agosto 25, 2008

....e i treni arivavano in orario!

Una di quelle notti che se ne sono andate via così, senza niente, con le migliori intenzioni tradite dalla mia stupidità, dalla mia assenza. Ci manca il tempo, eppure talvolta sembra interminabile. Talvolta basta non avere a mente cosa si ha da dire, ed il tempo si perde, la notte passa senza che di lei mi ramanga niente. Proprio non si capisce come riesca a passarla tutta la notte, così lunga. Basterebbe qualcosa........che sembra sempre più lontano e non riesco mai a capire cosa è che bastrebbe. E' volata questa notte, eppure l' ho persa nel far nulla, nel vagare, nelle patatine mangiate fuori l' auto, nell' inutile ricodare per poi decidere che è meglio lasciare perdere per oggi, magari tra un altro paio di giorni. Ho pensato a qualche anno fa, ad un sacco di gente che non vedrò mai più. Ed ecco che tutto il tempo è scappato via, così per un ricordo. Allora è meglio lasciarlo stare quel ricordo, metterlo lì dove deve stare, in disparte ma ben visibile, così che quando la notte mi sembrerà troppa lo tiro fuori ed è fatta. Ho letto vecchie mail che non cancello, inviate e ricevute, tutte di un bel periodo, ma anche questo è un trucco, il passato è sempre migliore, ricordare migliora le cose, le città, le persone, i vecchi amori, le amiche. Ed in verità rendersi conto che si è passati ci rassicura, ci illude di essere familiari, ci permette ci ricordarci come eravamo così da renderci migliori. Come sempre alla fine ho capito che è passata una fase, un periodo della mia vita, ed è incredibilmente strano sentirlo passare. So che non sono cambiato ma che dovrò affrontare diversamente quello che verrà e soprattutto quello che ricorderò che sarà venuto. Tutto in un ricordo di una notte. Allora mi chiedo: lasciare tutto come era, finito lontano nel tempo, oppure riprenderne qualcosa per portarlo qui nel presente rischiando di peggiorare anche quello che gia è stato? Una delle voci della lista....uno sfizio che non so se vale la pena. Allora ho pensato che per stanotte lascio stare, magari tra un altro paio di giorni. Tanto poi le notti vengono tutte una dopo l' altra, in una di queste lo so che metterò tutto di nuovo nel mezzo, che la mando quella mail e vedo cosa va a finire, che in fondo chi se ne frega, tanto i ricordi sono ricordi ed il resto non conta, io sono io ed anche se sono la parte peggiore va bene lo stesso, che se trovo tutto troppo cambiato basta che mi volto e qualche metro lo faccio camminando di spalle, che poi non sono l' unico che si lascia scappare le noti per qualche ricordo, che se nessuno mi capisce allora sono dalla parte giusta, che io lo so cosa voglio fare, mica mi frega degli altri. Le notti servono a questo no? mica a fare qualche altra cosa?

mercoledì, agosto 20, 2008

il popolo delle tre

Oggi sono uscito di casa alle tre, cosa che non faccio mai praticamente, a quell' ora sono a casa e la mia giornata è appena cominciata (ho qualche problemino col sonno e quindi non faccio proprio una vita regolare), o al massimo sono all' università, ed anche in quel caso la mia giornata sta cominciando siccome non arrivo mai all' università prima dell' una. Insomma è rarissimo che a quell' ora sia per strada. Oggi però si, perchè dovevo andare in centro a prendere delle meccaniche per la chitarra, tra l' atro ho fatto un viaggio a vuoto perchè i due o tre negozi dai quali mi rifornisco erano ancora in ferie, e sono uscito alle tre perchè ho approfittato per stare fino alle cinque con Amica appena tornata dalle vacanze. A quell' ora c'è un popolo per strada che nelle altre ore in qualche modo è nascosto dal rumore della città. Alle tre no, alle tre non c' è rumore, per strada non c' è nessuno, tutti a casa o a lavoro, le strade sono vuote, ed alcuni negozi ancora devono riaprire, e c' è un popolo strano, quasi assurdo: il barbone che dorme su di una panchina; i vecchietti desolati che non hanno un cazzo da fare; i disoccupati nullafacenti che nulla vogliono fare; persone con vari problemi di tossicodipendenza; mamme un po' logore con figli a carico, sempre molti.....c' è tutta la desolazione della città. Forse perchè se stai bene mica giri per strada alle tre, o sei a lavoro o sai che non c' è nessuno e quindi che ci vai a fare per strada. Però questi personaggi assurdi ci sono, e non possono essere che lì, e nelle altre ore non li noti, forse perchè c' è troppa gente e rumore che ti distrae, o forse perchè vai di fretta verso casa e non ti frega di niente. Forse sono io che noto queste cose...non lo so, ma il popolo delle tre è fatto di gente strana che non vedresti alle otto di sera, non la vedresti così chiaramente, così libera. Per il resto la giornata è stata triste, mi ha dsolato vedere la citta così vuota e spenta alle sei e mezza di sera, perchè si è fatto quell' ora fra una cosa e l' altra, senza nessuno, solo coi turisti che vagavano come coglioni, i negozi chiusi, ancora molti, senza casino, senza rumori e voci, senza traffico. Pensavo di trovarla gia in moto, e ferma così mi ha fatto tristezza, inaspettatamente devo aggiungere. Inoltre verso casa una ragazza è svenuta nel buss, mentre io ascoltavo nel mp3 Use You di Dave Gahan a tutto volume, non sentivo niente, vedevo solo le labbra delle persone che si muovevano. In quel momento, solo in quel momento, mi sono sembrate troppe. Triste oggi e sopratutto inutile, mi tocca aspettare lunedì per le mie meccaniche.

p.s. Il mio amico Raffaele ha scoperto lui il Salento, vuole che voi lo sappiate, ed io lo scrvio. E' stato lui a scoprire il Salento!

martedì, agosto 19, 2008

mamma mia la tab.....

Sto scrivendo delle tablature (o intavolature per i più dotti), per la chitarra, di cose mie, e sto cercando diessere il più preciso possibile.......oddio che palle!!!!!!!!!! Penso siano una delle cose più tediose che mi sia concesso pensare, saranno almeno nella top 5! Una palla pazzesca, anche in base alla difficolta della cosa che stai tablando.....non ce la faccio!!! Una palla allucinante!......Va beh torno a lavoro coi miei numeretti sulle corde!

domenica, agosto 17, 2008

il vaggio, il tempo, il passaggio.......

Tutto sembra un po' più fermo. L' aria inerziosa calda e pesante, ferma. E tutto sembra un po' più vecchio. Tutti stanno tornando, e tutto sembra passato. Il tempo è sempre padrone. Nemico dei poeti e dei pazzi. Eppure tutti si voltano per vederlo passare. Una condana che si deve amare, nella sua eterna vittoria. Odio vederlo passare, eppure è cosi bello voltarsi e guardarlo da lontano. In questi giorni mi è sembrato lento e bellissimo. Qualcuno parlava di ricordi, ed io non ho niente da ricordare, il che equivale a non aver niente da dimenticare, ma non importa. Serve solo fermarsi, restare li a guardare le cose passare. Rimanere fermi da qualche parte ti regala uno sguardo particolare, in qualche modo ti rende diverso, e ti fa vedere tutte le cose un po' più piccole, e sembra strano perche non ti accorgi di nessun cambiamento, senti solo il tempo che passa, ma lo senti solo per te, poi quando rigardi tutto in torno lo vedi cambiato tutto di un botto. Allora capisci che sei stato fermo, e stranamente ne resti sorprendentemente contento, sei sicuro che hai voluto stare fermo e guardi le cose ridendo, le vedi lontate, e non te ne frega niente. Allora è bello guardare il tempo passato, salutarlo come se ti stesse aspettando, come se non ti riguardase il suo passaggio, come se le cose stessero dove sono e tu invece abbia fatto una pausa solo per te, solo perchè tempo a te certe cose le fa fare. E ti capita di capire il perchè delle cose, quelle che ti interessano, le altre sono andate via senza che te ne fregasse niente. Allora è piacevole il tempo che ti passa di fianco, che ti saluta, vedere come tutto cambia mentre tu solo un po', che a te tutto quel tempo non è pesato. Ti volti e sorridi a tutti quelli che vedi, perchè tu sei stato fermo ma tutti sono rimasti indietro. E' come se tutto quello che è accaduto sia accaduto solo per te, e non ti fermi neanche più a spiegarlo, ti interessa solo che tu lo sappia e che il tempo ti abbia concesso questo regalo. Dopo riprendere il cammino è difficile, forse addirittura strano, ma nemmeno questo importa. Ora ci sei tu, ed il tempo quasi non ti pesa benchè passi, e gli altri sono lontani e ti sembrano migliori. Tutto è un po' più fermo ed un po' più bello, e ti sembra quasi che ti basti. Non ti va più neanche di spiegare, vuoi solo guardare le cose che passano e sorrdere un po'.

domenica, agosto 10, 2008

la lista di agosto

Avevo deciso di restare a casa questo Agosto, stare un po' da solo e dedicarmi di più a me, per riprendere in mano quei progettini lasciati un po' da parte. Così avevo una lista di cose che in questo mese avrei completato o se non altro avrei portato a buon punto così da non abbandonarle più. Non ho mai avuto molta dimestichezza coi progetti, ma mi ero detto che in ogni caso la noia di stare a casa senza una minghia da fare mi avrebbe spronato. Beh..........Diciamo che il mese non è finito ancora. Questa è la lista di cose che avevo riservato per questo Agosto casalingo, alcune di esse sono in sospeso solo da qualche mese o meno altre da un bel po', mi azzarderei a dire da troppo!! Eccole tutte elencate in ordine sparso e non di importanza, così a casaccio:
dare una seria regolata ai miei ritmi soprattutto riguardo al sonno
finire di scrivere la tesi
leggere "L' amore ai tempi del colera"
leggere "Non si muore tutte le mattine"
tentare di recuperare i rapporti con alcune persone
riprendere in mano il libro di Topologia generale
studiarsi per bene la Teoria dei Gruppi
iniziare a suonare il sassofono
scrivere questa benedetta sceneggiature per il cortometraggio
riprendere lo studio del basso
organizzare tutti gli appunti e cominciare a scrivere il mio primo romanzo
cominciare a mettere qualcosa da parte
riscrivere al pc tutte le mie poesie
Dovrebbe essere tutto. Forse sono troppe......però come si dice provarne cento per farne una. Siamo alla fine del 10 Agosto e di questa lista non ne ho fatta nessuna, cosa che mi fa temere di non portare a fine i miei scopi, apparte la questione della tesi che dovrò fare per forza, altrimenti diverse persone saranno pronte ad infliggermi severe punizioni corporali! Ho fatto però un compromesso con me stesso, di dubbia moralità mi verrebbe da dire, e cioè di prendermi ancora questa settimana per organizare le idee e le forze e di darmi come termine il 15 Settembre per verificare come sono andate le cose. Sono sfiduciato, ma voglio provarci. Mi rimane sempre la scusa del caldo che sarebbe pure in parte vera. Vedremo cosa riesco a fare e.....speriamo bene.

giovedì, agosto 07, 2008

sulla serietà......para pappà

Mi ero ripromesso che questo blog (che è il mio primo blog e spero anche l' unico altrimenti mi ricovero e non mi faccio più vedere) dovesse essere un blog serio. Però io ho qualche difficoltà ad essere serio, non nel senso che sono un cretino perdi tempo, va be magari un po' , ma nel senso che prendere le cose troppo seriamente mi risulta sgradevole, per così dire. Allora ho pensato che forse avrei potuto alleggerirlo un po', almeno nelle intenzione. Poi mi sono accorto di non aver perfettamente chiaro cosa intendessi con "alleggerirlo", ed ho anche pensato che sia grave non capire cosa si pensa, poi ho pensato ad un' altra cosa che non c' entrava niente e mi sono distratto. Così ho deciso: chi se ne frega. Quindi, siccome sbarellare un po' mi riesce facile, ho pensato che scriverò anche qualche puttanata su questo blog, come questa per esempio. Ma poi dire "puttanata" in un blog è deontologicamente scorretto? Boh! Va be.....magari cercherò di non esagerare, che mi sembra il massimo che possa fare.

martedì, agosto 05, 2008

il tempo e lo sazio si perdono l' uno nell' altro....così se puoi tornare prima resta dove sei!

Ho letto da qualche parte che scrivere sui blog è dannoso, affermazione difficile da contestare. Si continuava dicendo, dove ho letto la questione del blog, che bisogna scrivere su qualsiasi cosa e solo quello che si ha voglio di scrivere quando se ne ha voglia. La cosa buffa è che tutto questo era scritto su di un blog. Il che mi ha fatto ridere. Così ho pensato che bisogna dire tutto quello che si può dire, e che se lo si dice senza troppa serietà diventa tutto automaticamente vero. Basta mettere insieme le parole e magari infilarci qualche cazzata, e come per magia hai sempre ragione! Sembra quasi che avere qualcosa da scrivere voglia dire avere qualcosa da pensare. Preoccupante ma assolutamente divertente! Quindi per meglio calarmi nei panni del blogger esperto scrivo anche io qualcosa senza senso, così tanto per scriverlo.....come il titolo di questo intervento che non ci azzecca una mazza con quello che ho scritto, ma chi se ne frega. A dimenticavo.......va be l' ho dimenticato.

venerdì, agosto 01, 2008

sulle strade che di notte sono delle altre........

Stanotte ho camminato. Era da un po' che non lo facevo. Qualche tempo fa era una necessità strasformatasi in una piacevole abitudine. Togliendo qualche raro pomeriggio in centro, la notte è l' unico momento in cui mi piace camminare. Oramai capita sempre più raramente, ma forse è meglio. Si dice che le cose che non fai spesso le puoi apprezzare meglio.....non lo so. Stanotte ho camminato da solo nelle strade deserte con la musica altissima nelle cuffie. E' tutto diverso, vuoto, un po' più vicino. Camminando rifletto, ed a volte ricordo. Stanotte mi è capitato di ricordare e di accorgermi che le cose sono assai diverse, cosa che faccio assai raramente. Forse dovrei camminare più spesso di notte, come prima, così potrei convincermi che è tutto uguale. Ed in fondo lo è. Ma in verità non me ne frega niente se le cose sono cambiate o no, in verità se non cambio io non cambia niente. Mi basta. Così la notte mi piace ancora camminare. Mi basta.

giovedì, luglio 31, 2008

il caldo, il silenzio........

L' estate mi rende un po' più triste, ed un po' più solo. Sono un tipo invernale. La cosa buona è che con la città che si svuota si è più tranquilli, si può stare un po' di più con se stessi. In verità non è che faccia tutta questa differenza, in verità come scusa oramai non reggie più. Il silenzio mi emoziona, e mi assomiglia, solo a volte mi sembra troppo. Il caldo mi fiacca, è meglio dire così. Questo agosto ho una lista interminabile di cose a cui dedicarmi, forse non ne farò nessuna, ma almeno starò per conto mio e se non altro ci proverò. Una su tutte cercare di regolarmi col sonno. Il fatto è che il caldo mi fiacca, non lo sopporto........che come scusa mi pare plausibile.

e si che dire.........

Scrivere a volte è meglio di parlare. Puoi dire stando zitto, puoi parlare senza rompere il silenzio, senza far sentire la tua voce. E non è poco. Anzi. Si ha meno pudore scrivendo, e sei costretto a scegliere meglio le parole, sono tutto quello che hai, l' unica cosa che puoi usare.......Quindi ecco qui. Un blog è proprio quello che ci vuole, anche per sentirsi un po' stupidi.