domenica, aprile 12, 2009

intermezzo sull' interiorità delle cose (ovvero la bellezza)

Servirebbe poter distogliere lo sguardo dalle cose, per riuscire a non esserne colpiti. Ma chiusi come siamo in una stanza buia, vi è ben poca possibilità di distogliere lo sguardo. Tal volta ci si affida ai suoni. In fondo il dove, come sempre, non ha alcuna importanza. Attendere sembra l' unica cosa sensata da fare, quindi è anche la più triste. La ragione ha sempre una connotazione tragica, come una condanna, una spietata sincerità che non lascia spazio al gioco del potrebbe. L' improbabile è una meravigliosa piccola bugia che ci riscalda. Ci guardavamo in viso con troppa lealtà, mentire sarebbe stata una salvezza ma non ne eravamo in grado, non potevamo fingere. Quindi sapevamo che le cose andavano come dovevano. Che in fondo il dovere è una truffa, come il tempo. L' immobilità dell' aria ci rassicurava, senza sapere perché, ma anche il sapere è una truffa, la consapevolezza è la trappola peggiore, meglio la deriva, il vagare irresponsabile verso nulla di definito, verso un posto lontano solo prima di arrivarci, dove solo il giungere ci spiega il viaggio. Era quello di cui avevamo bisogno, che sognavamo ed ancora sogniamo. Il giuoco cieco di dare sempre un perché raffredda gli animi, le cose hanno una tale coscienza di loro stesse che non hanno affatto bisogno della nostra, ingannevole come le speranze, come i giudizi, come le parole. Forse dovevamo solo credere, forse sarebbe bastato quello, ma lo sforzo era più grande della nostra volontà, o magari non avevamo una volontà. Era tutto lì, ne eravamo certi, era tutto nella nostra presenza, il senso delle cose stava nel fatto evidente che noi eravamo lì, in quel momento esistevamo. Era la nostra forza, la nostra bellezza. Chiedere oltre non ci era concesso, ne volevamo che lo fosse. Era dentro, e ci bastava, il bello sarebbe stato quello. Finalmente sapevamo che vedere e guardare erano cose molto diverse, ed eravamo ben disposti a rinunciare ad una delle due, anzi ci avevamo già rinunciato. Ora il buio era caldo, una mano dolce che ci stringeva. Ci avviammo piano verso quello che oramai non avevamo più bisogno di raggiungere.

5 commenti:

Elsa ha detto...

Sulle note di un di dentro...
un sentore tenero.
Elsa

Veggie ha detto...

Che coincidenza... anch'io proprio pochi giorni fa ho pubblicato un post sulla bellezza, ed ho intenzione di pubblicarne altri... Ed è meraviglioso leggere la tua rappresentazione di bellezza...

Tintarella di... Luna ha detto...

Sempre malinconico...
" la consapevolezza è la trappola peggiore, meglio la deriva, il vagare irresponsabile verso nulla di definito, verso un posto lontano solo prima di arrivarci, dove solo il giungere ci spiega il viaggio."Quante volte ho provato questa sensazione...

Tintarella di... Luna ha detto...

noi...cerchiamo la bellezza ovunque...

che canzone è???? :D

Juanne Pili ha detto...

Siamo chiusi in una cella buia, e ci hanno dato un geranio da innaffiare sulla finestra ... siamo talmente tanto impegnati a innaffiare il geranio ... che molto pochi sono quelli che si accorgono quando, per brevi tratti, la porta si apre e permette di uscire a vedere cosa c'è fuori.
POTERE AL DUBBIO!