venerdì, ottobre 31, 2008

....ancora sull' amore, e sull' inizio.

PREGHIERA PER I NUOVI GIORNI (titolo)
Regalami
le cose che ci spaventano
affinché la paura
diventi gioia,
affinché la gioia
sia la nostra compagna.
Perchè anche le lacrime
abbiano il sapore dell'amore
lascia che i sogni più belli
diventino semplici parole,
che come gioielli
ci porteremo addosso!

"... che strane creature i poeti. ogni volta che parlano è una truffa."

lunedì, ottobre 27, 2008

...una sull' amore.

INNO ALLA COMPAGNA CHE MI STRINGE LA MANO (titolo)
A te
che mi stringi
la mano potrei
dire mille cose.
Ma preferisco guardarti.
Un sorso di vento
ci accompagna
discreto, con le
stelle che in cielo
ci spiano.
Ma sono tutte tue.
A tratti me ne
regali qualcuna,
ma non te ne curi.
L' imbarazzo che
taci mi fa degno
della luce che
indosso, e se ho
davvero quel po'
di follia che tanto
mi dici tenterò
di strappare
il cielo per
dartelo al dito.
Forse canterò
di altre cento
cose che non
hanno senso
e tu ne riderai,
ma di te
che mi stringi
la mano mi
racconterà l' aria.
Se non ci sarò
e se non ci sarai.
Mille angeli ci
canteranno le
nostre favole
e se non li vedrai
cosa importa?
Basterà chiudere
gli occhi.
Se ti sembrerò
lontano aspettami
ed io cercherò
di dirti i sogni
che vedo.
Se il mio parlar
ti suona strano
perdonalo.
Perchè il
cielo se ne
riempi tutto
getto in alto
questo mio saluto,
a te che
mi stringi
la mano.

...scritta quando ero innamorato, ed in parte ancora lo sono.

martedì, ottobre 21, 2008

un' idea folle - puntata 4 (Come illudersi di ritornare)

Dopo troppo tempo forse, eccovi la quarta puntata.......

CAMMINARE CON LENTEZZA.....
Camminano lenti seguendo l' auto. Sparsi in una fila disordinata. Tutti tristi, tutti addolorati. D non li guarda, pensa che quella sia una pagliacciata. Cammina un po' in disparte, guardando in alto chiuso nei suoi occhiali nerissimi. C' è il sole. Lo trova ingiusto quel sole, insensibile. Fa caldo ma non se ne accorge. Porta un pantalone nero, scarpe nere, una camicia nera a maniche lunghe chiusa fino all' ultimo bottone sul collo sistemata con cura nei pantaloni. Le mani in tasca. Segue la folla senza farci caso, meccanicamente, non guarda nemmeno la strada. Mantiene gli occhi al celo. Qualcuno gli fa un cenno di saluto, qualcun altro gli dice qualche parola. Lui non sente niente, non risponde a nessuno. Solo cammina e guarda al cielo. Quello non è il suo posto, non è il suo paese, non lo è mai stato. Poi pensa di non avercelo un posto, un paese. Quindi non fa differenza. In fondo non è nemmeno il posto del fratello. Quello fa differenza. Non riesce a trovare un senso a quello che sta facendo, a quella situazione. Si sforza, ma non riesce a trovarci un significato. La bara, l' auto, la gente, i suoi vestiti neri. Non se li spiega. Allora ci rinuncia, che tanto non cambia niente, tanto le cose stanno come stanno. Questo fa differenza. Abbassa lo sguardo per guardare i suoi genitori. Sono davanti a tutti, uno vicino all' altro. Il padre, piegato, sconfitto, stanco. Senza colore, con lo sguardo lontano, la faccia scavata dal dolore, piccolo. Non vuole più niente, non si accorge di essere lì. La madre ritta e ferma, con lo sguardo fisso, vuoto, senza vita, il viso asciutto senza lacrime, la testa alta, le mani ferme, pietrificata, cementificata, senza ragione, senza respiro, senza più niente. D per un attimo pensa a come potrebbe essere stata la scena se nella bara ci fosse stato lui. Un improvviso pudore lo costringe a soffocare un sorriso. Si rammarica per non saper confortare i suoi. Ma le cose sono come sono. E nella bara non c' è lui. Questo fa differenza. Camminare non gli pesa più. Si guarda attorno prima di rialzare lo sguardo. Vede la folla, molti non li vedeva da un po', molti altri non li ha mai visti. Vede la strada e le case intorno. Vede i parenti. Estranei. Come lui. Si sente estraneo a tutto quello, alla gente, al posto, ai suoi. Si convince ancora di più di voler restare e vedere come vanno le cose. In fondo ha bisogno di solitudine e dove si è estranei si è anche soli. Poi magari qualcosa accade. Si arriva alla chiesa, ma lui non entra. Ci pensa, ma non ci riesce. Qualcuno lo guarda incuriosito, qualche parente sembra accennare un piccolo rimprovero con gli occhi. D non ci bada. Resta fuori con lo sguardo al celo. Pensa solo di non voler tornare a casa, pensa di voler camminare tutto il giorno. Tanto la casa sarebbe piena di gente. Si avvicina qualcuno. Gli parla ma lui non la sente. E' una ragazza. D la guarda, la vede muovere le labbra, ma non la sente, nemmeno un suono. Si accorge di conoscerla, ma non riesce e ricordarsi di lei. Lei continua a parlare, sembra preoccupata, gli mette una mano sulla spalla. D la guarda come si potrebbe guardare attraverso una finestra. Lei insiste, ma lui non la sente. D pensa che potrebbe persino riderle in faccia se non sta attento. Nel frattempo non riesce a ricordarsi di lei, ma la conosce. Se ne convince un po' di più. Immagina il suono della sua voce, lo immagina piacevole. Lei sembra ancora più preoccupata. Fino a che smette di parlare. D non la guarda più, ritorna a fissare il cielo. Gli viene in mente che sarebbe bello, in quel momento, avere della musica da ascoltare.

martedì, ottobre 14, 2008

"la paura degli esseri umani è paura di essere umani"

La Bestia era nel mezzo, ci chiudevamo a cerchio intorno. Rantolava, a terra, si dimenava, bestemmiava, e continuava a scorrerci con lo sguardo. La sua sofferenza aveva ghiacciato l' aria. Nessuno diceva una parola, tutti chiusi in cerchio ad osserva smettere di esistere. Fermi, zitti, con le mani in tasca. La Bestia seguitava a muoversi, riversa sul pavimento, sanguinava feroce e magniloquente, i rantoli erano insopportabili. Eppure nessuno fece niente, nessuno mosse un dito. Solo io avevo un leggero sorriso sul volto, e lui di fronte talvolta mi guardava. La Bestia. I suoi occhi erano del Diavolo, ed il suo odio ci pesava addosso come una colpa. La Bestia era lì per noi e non potevamo sopportarlo. Fermò lo sguardo su di me prima di lasciare uscire la voce:
"Cose c' è uomini? Vi piace il colore del mio sangue? Come siete inetti persino nel disprezzo!"
La sua voce aveva il suono del marcio. La Bestia non voleva andarsene.
"Gioite signori!! Ultimi! Questo siete, ultimi" una tosse la interruppe, il sangue le riempiva la bocca, non lo sputò lo lasciò colare, così che tutti vedano "piccoli esseri, vi rallegrate della mia fine così da potervi rallegrare della vostra. Piccoli esseri"
Si dimenava la Bestia, fiera del suo dolore, cosciente della sua misera fine. "Non pensate di me, uomini, che io sia finita. Voi siete me, voi siete la mia fine....." ancora il sangue giunse a fermarla, ed un' improvvisa convulsione. "Questo sangue sono le vostre lacrime, miseri. Il vostro odio...guardatevi...guardatevi..fermi nei miei rantoli.......fetidi fetidi fetidi fetidi, no no, non smetterò poiché voi non smetterete, voi siete me!!....il sangue, il mio sangue vi gonfia....uomini e morti peggio del mio misero viso. Cani....cani come quei lerci che qui vi hanno condotto...........il mio sangue sempre vi sporca.....ah ah ah ah ah ah...guardatevi, guardateviiiiiiiiii!!!!!!! ed io sono la Bestia. Ah ah ah ah ah ah....uomini, esseri umani, spettatori......misere bugie, fandonie di marcio.....il sangue il sangue il sangue il sangue................eccolo il sangue bevetene! Bevetene! Ad uno ad uno mi prenderò ed allora saprete come si bestemmia....bevetene!!! Uomini...eserciti, io sono gli eserciti...porci, porci, neanche l' inferno vi vuole esseri umani!! perché ora? perché?...si lo so è tempo...ma perché?.....il mio sangue vi riempe!! Porci. Esseri umani, solo questo siete, esseri umani, gonfi di giustizia, di miseria, soli e persi, marciti, abbandonati...dove è? Dove è la verità? allora porci, dove è la verità? Fermi nei miei rantolì..........guardatevi....guardatemi, guardatemiiiiiiiiiii. Inetti persino nell' odio...cosa saprete fare? Dove affonderete le vostre dita?.....ultimi questo siete ultimi!! Come il mio cancro sarete sempre marci...guardatemi, guardateviiiiiiiiii!!"
Tutti in cerchio la guardavamo dimenarsi persa nel suo vomito. La Bestia stava finendo, eppure nessuno mosse un dito. Non un respiro, in quell' aria ghiacciata dalla sua sofferenza.

La Bestia seguitava a chiamarci tutti per nome, ma nessuno ebbe il coraggio di risponderle.

sabato, ottobre 11, 2008

....una

SENZA ALCUNA VOLONTA DI DOLORE(titolo)
Farò di tutto per
Riuscire ad essere da solo.
E nel frattempo saprò
Dire tutte le bugie che
Saranno necessarie.
Finalmente la mia stupida
Anima potrà smettere
Di fingere di starmi
Accanto.
E riposerò finché dovrò.
Francamente non
Credo più.
E non so perché le
Mie parole abbiano
Ancora il fastidioso
Suono della verità.
Solo il silenzio mi
Rende sveglio ed
A lui mi aggrapperò.
Con lui mi cullerò
Fino all’ alba,
in lui aspetterò il nulla.
I vostri volti saranno
Così piccoli ed incolore
Che persino io potrò
Dimenticarli senza
Pentirmene affatto.
Tutte le mie scuse
Vi sembreranno
Infinitamente giuste
Ed allora io,
nel vostro rumoroso
stupore saprò dove andare.
Le mie mani saranno piene.
Ego vi assolvo in
Nomine padre
Signori miei,
Finché il tempo ci
Renderà servizio.

questa è l' ultima che ho scritto, avrà poco più di un mese. Credo sia positiva.

lunedì, ottobre 06, 2008

elogio al peggio.

E sono la notte che viene a pigliare le anime sveglie senza più amore. E sono quel buio, l' eterno dolore, il sangue il sudore e la puzza del tempo. Io sono il peggio vestito di nero, il vostro sangue che tinge il sudario. Che brucino le membra, ed insieme le passioni, ubriachi del male e santi di follia, uomini straziati di carne privati urlate le bestemmie, che salgano al cielo. Senza più morale, privi di tempo, spenti di ogni gemito di vita io vi mangerò le ossa. E senza alcuna lacrima, senza colore, solo quel nero che di infamia vi copre, quella zozzura che la morte vi da, quel marcio sconvolto che vi rende perduti, voi che da me sarete presi e che da tutto sarete andati. Sconfitti e mangiati io vi deploro, io vi confisco ogni sogno e nel fango lo affogo, il fango della terra che vi odia, che vi mangia, che senza gloria vi dimentica. Uomini, bestie, pazzi affogati, pezzi di corpi. Che non vedano più gli occhi, che ogni consiglio vi trovi storpi e figli miei, persi nella bestemmia e nello squallore, vanti di quell' unico rancore che corrode la mente e rende impuni. Non più uomini solo creature, non più vivi, non più voi, perduti e disprezzati, rotti lacerati nel lercio delle vostre misere vite. Ultimi e non più contati. Io vengo a riscuotere il mio compenso, vengo a bere dei vostri lamenti, che siete già pazzi, che la fine non sia migliore, che la penitenza vi sorprenda indifesi, che il demone si vergogni del vostro dolore. Io brinderò nelle vostre carni, e il Diavolo avrà di che umiliarvi. Non messe nella vostra perdizione, nella vostra condanna, l' aria vi ripudierà come blasfemia, come fine ultima della coscienza traviata. Nel nome dell' odio le catene della morte vi saranno strette, il vostro sangue le terrà lucide. A voi che siete andati traditi da ogni umana speme neanche il fango presterà ristoro. Solo odio e fine, odio e morte, nella vergogna delle vostre carni, senza grazia, senza pietà, solo fine e buio nell' agonia della vostra dipartita. Che brucino i cieli sopra di voi, non più uomini, voi che da me sarete presi a da tutto sarete andati.

giovedì, ottobre 02, 2008

uno come quello lì

C' era un tipo strano. Uno di quelli che ti volti a guardare, uno di quelli che osservi di taglio, per non far vedere che poi lo stai guardando che non sai come potrebbe prenderla. Uno particolare. Uno di quelli che conoscono tutti, però nessuno lo sa come si chiama, che pare che nessuno sappia chi è. Uno così insomma. Qualcuno ha delle storie su uno come quello lì, però vai a sapere se sono vere, se poi sono successe davvero, che la gente non ci mette niente ad inventare, perché si sa tutti vogliono avere qualcosa da dire. E su uno come quello lì non è mica tanto difficile inventare le storie, che davvero potrebbero essere vere. Che se ci fate caso, in ogni posto c' è uno come quello lì, più o meno strano, più o meno conosciuto, più o meno maltrattato. Però c' è. E già questo ti fa pensare, perché poi mica sono così diversi i posti nel mondo se tutti hanno un tipo come quello lì, e te ne convinci, anche perché pensi che poi i posti sono fatti dalle persone, e che se sono diversi vuol dire che sono diverse le persone che ci stanno, con altre abitudini, atre storie, altre idee. Però poi se ci sono sempre tipi come quello lì e sono trattati uguale, allora le persone mica sono poi tutte diverse, che se no almeno un posto senza tipi come quello lì ci doveva pure stare. Ma non c' è. Allora non sono proprio diverse queste persone, anche se sembra, sono diverse le cose in superficie, che se vedi bene nemmeno quelle, ma la sostanza è la stessa, le stesse necessità e gli stessi desideri. Però mica la si ammette questa cosa, che pare che se poi dici che in fondo siamo uguale c' è pure chi si offende. E quello lì a me a volte sembrava che ci assomigliasse a tutti, che poi nessuno lo conosceva e mica si poteva dire che era diverso, che se dicevi ad uno per strada " lo vedi quello lì? è come te" poteva pure essere che ti diceva una parolaccia o si offendeva. E forse magari in principio mi sarei offeso pure io, che avrei pensato "e che c' entro io con quello lì? lo hai visto bene?". Però poi ero io che non lo avevo visto bene, e pure tutti gli altri non lo avevano visto bene che se no lo capivano che un po' assomigliava a loro. Che poi è ovvio che mica si è proprio uguali uguali, però è una diversità strana perché poi ci rende tutti gli stessi, con le stesse paure, le stesse voglie, che tutti ad una certa ora abbiamo fame, che poi ci viene sonno, che se facciamo cose diverse poi in sostanza andiamo dalla stessa parte. Allora mica è poi tanto vera tutta sta diversità, che il segreto è tutti lì, devi stare attento a cosa vuoi dire se dici "diverso", perché poi la gente ci crede e ti vede sul serio come uno diverso, allora devi far capire che stai dicendo che non sei proprio uguale uguale, che ti piace una cosa che poi magari a loro non piace, che sei particolare, non banale. Che poi a fraintendere non ci vuole niente ed allora tutti credono che anche tu sei uno come quello lì, che poi in verità i tipi come quello lì mica esistono. E' che lo credono gli altri, che sono talmente convinti che non guardano più con attenzione, che se no lo vedrebbero che poi non ci sono i tipi come quello lì. Così quello lì non mi sembrava più uno come quello lì, che poi sarebbe sempre lui, ed allora mi sono chiesto perché poi le persone pensavano che non era come loro. Che a dire la verità era strano, però per esempio pure uno che si mangia le uova con la maionese alle sette di mattina per me è uno po' strano, e la Germania è piena di questi che si mangiano le uova alle sette di mattina. Allora mi son convinto che essere strano non è mica poi una cosa brutta, che poi non è che uno è strano, ma siano noi che lo vediamo strano. Per esempio in Germania uno che mangia le uova alle sette di mattina mica dicono che è strano. Allora sta normalità è solo una bufala, e quello lì non è strano solo perché lo dico io, magari lui ci vede strani, allora chi ha ragione? E se fosse tedesco? O forse non gli piace quello che piace a tutti. Ed allora mica posso dire se è strano o no se non gli piace quello che piace a me. Così ho deciso che ci dovevo parlare con quello lì, tanto per essere sicuro, e vedere che poi i tipi come quello lì mica esistono, e quindi è normale che poi ci sono da per tutto, che se non esistono non esistono da nessuna parte. Ed io un giorno gli ho parlato a quello lì, così per strada, che gli deve essere parso strano che uno poi lo ferma per strada e gli parla che manco lo conosce. E va beh mica ho detto che io non sono strano. Mentre aspettavo il pulmetto l' ho fermato, che pure lui aspettava il pulmetto, e gli ho chiesto come che andava. Aveva l' aria stranulata e non era mica tanto abituato al fatto che poi uno vuol fare conversazione. Gli ho chiesto pure come è che si chiamava. Dopo un po' mi ha risposto, e qualche parola l' abbiamo scambiata. Io devo dire la verità mica ho capito bene bene cosa mi ha detto, però secondo me neanche lui ha capito bene bene cosa ho detto io, ed allora siamo pari. Era la prima volta, e quindi un po' va bene che non ci siamo poi tanto capiti, però già adesso va meglio, che ci salutiamo quando ci incrociamo per strada e sul pulmetto di mattina parliamo, sembra proprio che ormai ci capiamo, magari non bene bene, però non c' entra, che certe volte non capisco neanche mia madre bene bene. Mi sa che adesso la gente sul pulmetto pensa che anche io sia uno come quello lì, però non importa, che io a dire la verità mica ho tanta voglia di spiegare che poi i tipi come quello lì non esistono.